La rinascita

Il sistema pensionistico forense venne riformato profondamente dalla legge 20 settembre 1980 n. 576 con la quale si stabiliva il diritto alla pensione di vecchiaia con almeno 65 anni di età e 30 di contribuzione e la pensione veniva calcolata applicando un coefficiente regressivo (che diminuisce col crescere del reddito) stabilito inizialmente all'1,50% per ogni anno di effettiva iscrizione e contribuzione, alla media dei redditi dei dieci anni precedenti il pensionamento (la percentuale poteva essere aumentata all'1,75% e la media fu poi fatta sui migliori dieci anni degli ultimi 15).

L'ammontare della pensione, quindi, è influenzato dall'entità del reddito e solo in parte dall'entità della contribuzione, ma si ristabilisce il principio che "chi più ha pagato, più riceve".

Chi continua ad essere iscritto all'albo dopo il pensionamento, per cinque anni paga il contributo che consente un modesto aumento della pensione (in seguito gli aumenti saranno due). Successivamente paga solo il contributo di solidarietà (3%), ma senza conseguire ulteriori aumenti.

La pensione viene rivalutata.

Sono mantenute e meglio regolate le pensioni di inabilità, di invalidità , di reversibilità e indirette.

Sul fronte delle prestazioni viene introdotto un contributo soggettivo (con un minimo di Lit. 600.000) pari al 10% del reddito sino a 40 milioni di lire (questo tetto aumenterà sino a quadruplicarsi e l'aliquota diverrà il 12%) e del 3% per i redditi superiori, che però non concorrono a formare l'importo della pensione. Il 3% ha quindi natura solidaristica.

Viene introdotto un contributo integrativo (2% sul volume d’affari, con un minimo) che sostituisce la contribuzione indiretta.

La riscossione dei contributi negli importi minimi avviene da parte della Cassa mediante ruoli. La parte eccedente il minimo viene autoliquidata dall'iscritto con una dichiarazione da inviarsi alla Cassa annualmente (il "Modello 5") e pagata in due rate.

Per gli anni precedenti (dal 1975) una norma specifica consente di regolarizzare la propria posizione pagando un contributo sui redditi maturati pari al 10% per la parte eccedente i 6 milioni.

Viene quindi delineato un sistema pensionistico che consente l'erogazione di pensioni non irrisorie a fronte di contributi ad esse coerenti, che limita la pensionabilità ad una parte del reddito effettivo e che introduce un forte elemento di solidarietà.

Il tutto determina un netto spostamento verso il regime "retributivo" con un intrinseco stato di instabilità perchè la certezza delle future pensioni dipende da una serie di fattori non previamente noti (numero degli iscritti, ammontare del reddito dichiarato, aspettative di vita, ecc.), mentre il sistema contributivo è per definizione stabile perchè distribuisce quello che ha già raccolto.