Tribunale di Ancona, 4.12.2020 n. 334

1/2021 GENNAIO-APRILE

Tribunale di Ancona, 4.12.2020 n. 334, Giud. Sbano, Cinti (Avv. Capponi) c. Inps (Avv. Mazzaferri) - Agenzia delle Entrate-Riscossione (Avv. Iacopini).

Prescrizione e decadenza – Contributi previdenziali Inps – Prescrizione – Riscossione mediante cartella esattoriale – Tardiva opposizione – Conversione del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale – Esclusione.

La scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito ma non determina anche l’effetto della c.d. conversione del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 cod. civ.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con ricorso depositato il 27.12.2019 il sig. Cinti Sergio, a mezzo del suo procuratore, ha proposto opposizione avverso l’intimazione di pagamento n. 008 2019 90039229 03/000 notificata dall’Agenzia delle Entrate Riscossione in data 5.11.2019.

L’intimazione (contenente richiesta di pagamento per la cartella 00820100002477732000 per euro 3.275,09) è stata impugnata dal Cinti nella presente sede per i seguenti presunti vizi:

1) Prescrizione (quinquennale) delle pretesa di pagamento dei contributi previdenziali e delle relative sanzioni richiesti con la cartella notificata in data 20.04.2010;

2) Nullità e/o illegittimità dell’atto amministrativo per carenza dei requisiti fondamentali ai sensi dell’art. 21 septies L. 241/90 e violazione degli artt. 24 e 97 Costituzione.

Alla prima udienza di discussione, parte ricorrente ha, poi, eccepito la nullità della notifica della suddetta intimazione in quanto effettuata da NEXIVE, soggetto non abilitato ad eseguire la notifica di atti giudiziari.

Sostiene l’Agenzia Entrate e Riscossione l’inammissibilità dell’opposizione per decorso dei 40 gg. ex L. n. 46/1999, la sussistenza del termine prescrizionale decennale e l’interruzione di questo ad opera di pagamento parziale da parte del Cinti in data 2.01.2012 dell’acconto di euro 149,51, costituente riconoscimento del debito.

Si costituisce anche l’INPS eccependo l’improponibilità del ricorso per non essere stata proposta domanda di sgravio in via amministrativa ex art. 1 co. 537-543 L. n. 228/2012, l’esistenza del giudicato e rilevando la propria estraneità alla procedura di riscossione.

Preliminarmente, va correttamente qualificata la presente azione come opposizione ai sensi dell’art. 615 c.p.c..

È pacifico, infatti, che la cartella esattoriale posta a fondamento dell’intimazione di pagamento impugnata sia stata regolarmente notificata al ricorrente.

Da ciò deriva che, in assenza di opposizione nel termine perentorio di 40 gg. previsto dall’art. 24 co. 5 D.Lgs. 46/1999, la pretesa contributiva avanzata con la cartella in questione è divenuta irrevocabile, salvo fatti estintivi sopravvenuti alla formazione del titolo.

L’azione qui proposta, dunque, non può che essere qualificata come opposizione all’esecuzione, potendo la parte sollevare solo eventuali fatti estintivi o modificativi insorti successivamente alla formazione del titolo in questione (da ultimo cfr. Cass. S.L., sent. 21534/2019, punto 11, laddove ricorda come il sistema normativo delle riscossioni previsto dal legislatore consenta al debitore di premi o contributi dovuti e non versati all’ente creditore nei termini previsti da disposizioni di legge o dovuti in forza di accertamenti effettuati dagli uffici di proporre, tra le altre azioni astrattamente esperibili, “opposizione ai sensi dell’art. 615 cod. proc. civ. per questioni attinenti non solo alla pignorabilità dei beni, ma anche a fatti estintivi del credito sopravvenuti alla formazione del titolo (quali, ad esempio, la prescrizione del credito […]) sempre davanti al giudice del lavoro nel caso in cui l’esecuzione non sia ancora iniziata (art. 615 cod. proc. civ., primo comma) ovvero davanti al giudice dell’esecuzione se la stessa sia invece già iniziata" (art. 615 cod. proc. civ., secondo comma e art. 618 bis cod. proc. civ).

Quanto all’eccezione di improponibilità del giudizio per mancata previa presentazione al concessionario della riscossione della dichiarazione prevista al comma538 dell’art. 1 L. n. 228/2012, si rileva che la questione non appare qui rilevante, atteso che tale dichiarazione è volta, tra l’altro, a rappresentare che l’avviso è stato interessato da “a) da prescrizione o decadenza del diritto di credito sotteso, intervenuta in data antecedente a quella in cui il ruolo è reso esecutivo”, laddove, invece, nel caso di specie, l’eccepita prescrizione si sarebbe avverata in un momento successivo. La norma, in ogni caso, si limita ad introdurre una modalità di definizione agevolata dei carichi dei debitori oggetto di procedure di riscossione, a tutela del debitore stesso, ma senza introdurre alcuna condizione di procedibilità dell’azione giudiziale.

Venendo, dunque, ad esaminare l’eccezione di intervenuta prescrizione della pretesa contributiva vantata dall’INPS e posta in riscossione da Agenzia Entrate-Riscossione (questione che assorbe l’eccezione di nullità della notifica dell’intimazione, atto che, comunque, ha raggiunto lo scopo), il ricorso va accolto.

Come noto, il termine di prescrizione – se quinquennale o decennale – a cui assoggettare la pretesa relativa ai crediti contributivi accertati con cartella non opposta, è una questione ampiamente dibattuta in giurisprudenza.

In seguito alla pronuncia della Cass. S.U., sent. 23397/2016, tuttavia, si deve escludere l’operatività del termine di prescrizione decennale ex art. 2953, c.c.: il S.C., infatti, non riconosce nella mancata opposizione della cartella di pagamento nei termini di legge, come fatto generatore della irretrattabilità del credito, l’idoneità a determinare la conversione del termine di prescrizione da breve a ordinario ex art. 2953, c.c.. Non potendosi ravvisare nella mancata opposizione alla cartella di pagamento una “una sentenza di condanna passata in giudicato”, anche in considerazione della sua natura amministrativa, si deve escludere, pertanto, l’estensibilità del principio dell’actio iudicati alla fattispecie in esame. D’altronde è di applicazione generale il principio secondo il quale la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito ma non determina anche l’effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c..

Tale principio, oltretutto, si applica con riguardo a tutti gli atti, comunque denominati, di riscossione mediante ruolo o in generale di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, con la conseguenza che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo (così sempre la cit. sent. 23397/2016, Cass. S.U.).

Né appare condivisibile la tesi prospettata dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione che ritiene applicarsi il termine di prescrizione decennale desumendolo dalla disposizione di cui all’art. 20 del D.lgs. 112/1999 il quale si riferisce solo ai rapporti interni tra ente creditore e ente concessionario (v. comma 6: “L’ente creditore, qualora nell’esercizio della propria attivita’ istituzionale individui, successivamente al discarico, l’esistenza di significativi elementi reddituali o patrimoniali riferibili agli stessi debitori, può, a condizione che non sia decorso il termine di prescrizione decennale, sulla base di valutazioni di economicità e delle esigenze operative, riaffidare in riscossione le somme, comunicando all’agente della riscossione i nuovi beni da sottoporre a esecuzione, ovvero le azioni cautelari o esecutive da intraprendere”).

Ebbene, rispetto alla notifica della cartella di pagamento avvenuta nel 2010, l’atto immediatamente successivo, valido a interrompere il decorso della prescrizione, potrebbe eventualmente essere costituito dal pagamento parziale del gennaio 2012 (v. doc. 9, memoria), rispetto al quale risulta essere comunque tardiva la notificazione dell’intimazione di pagamento del 5.11.2019. Peraltro, tale parziale pagamento appare anche non del tutto certo ed effettuato con ignote modalità, il che difficilmente può configurare riconoscimento di debito (v. Cass. Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 7820 del 27/03/2017: “Il riconoscimento del diritto, idoneo ad interrompere la prescrizione, non deve necessariamente concretarsi in uno strumento negoziale, cioè in una dichiarazione divolontà consapevolmente diretta all’intento pratico di 91 riconoscere il credito, e può quindi anche essere tacito e rinvenibile in un comportamento obiettivamente incompatibile con la volontà di disconoscere la pretesa del creditore. Pertanto, il pagamento parziale, ove non accompagnato dalla precisazione della sua effettuazione in acconto, non può valere come riconoscimento, rimanendo comunque rimessa al giudice di merito la relativa valutazione di fatto, incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivata”).

Non risulta osservato, dunque, il termine di prescrizione quinquennale previsto per le pretese contributive ex art. 3, co. 9, lett. b), l. 335/1995 (“Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare”).

Ne consegue, quindi, che la pretesa creditoria avanzata a mezzo dell’intimazione di pagamento impugnata deve dirsi prescritta.

Sono assorbiti i restanti motivi del ricorso. Spese secondo soccombenza.