Assistenza e stato di bisogno

1/2020 GENNAIO- APRILE

di Barbara Brighi

Tra le prestazioni assistenziali previste dal welfare di Cassa Forense, l’assistenza in caso di bisogno è l’istituto al quale sempre più spesso ricorrono i professionisti che nel corso della loro vita professionale, per motivi diversi, si trovino a dover affrontare una situazione di grave difficoltà economica.

In questi casi la Cassa assolve alla sua funzione solidaristica, garantendo ai propri iscritti un sostegno economico, attraverso l’erogazione di un contributo in denaro, purché ricorrano determinati requisiti che sono espressamente previsti dalla normativa di riferimento.

L’istituto è stato introdotto dall’art. 17 della legge n. 141/1992 e, nel Regolamento per l’erogazione dell’assistenza, approvato con Delibera del Comitato dei Delegati del 24 luglio 2015 e successive modificazioni e pubblicato sulla G.U. Serie Generale n. 240 del 15 ottobre 2015, in vigore dal 1° gennaio 2016, è disciplinato agli artt. da 2 a 5, nella sezione intitolata, appunto, “Prestazioni in caso di bisogno”.

Ai sensi dell’art. 3, comma 1, del citato Regolamento, possono beneficiare dell’assistenza per bisogno individuale, di cui all’art. 2, comma 1, lett. a), gli Avvocati iscritti all’Albo, anche se titolari di pensione di vecchiaia o invalidità erogata dalla Cassa, che siano in regola con le prescritte comunicazioni reddituali e che, a causa di eventi straordinari, involontari e non prevedibili, vengano a trovarsi in una situazione di grave difficoltà economica.

Il trattamento, che non è cumulabile con altre prestazioni previste in caso di bisogno o a sostegno della famiglia o della salute, di cui il richiedente abbia eventualmente beneficiato per il medesimo evento, consiste nell'erogazione di una somma di denaro, che, salvo casi eccezionali, non può superare il doppio della pensione minima erogata dalla Cassa nell’anno precedente quello della domanda e può essere reiterato per una sola volta, qualora la situazione di grave difficoltà economica, determinatasi per un unico evento, si protragga nell’anno successivo. In tal caso l’erogazione non potrà però superare l’importo corrispondente alla pensione minima erogata dalla Cassa nell'anno precedente quello della domanda.

L’interpretazione della norma regolamentare genera spesso dubbi nei richiedenti, che, vedendosi respingere dalla Cassa la domanda finalizzata ad ottenere il beneficio, presentano reclamo amministrativo avverso il provvedimento di diniego adottato dalla Giunta Esecutiva, ritenendo di avere adeguatamente documentato l’esistenza di uno stato di bisogno generato dal verificarsi di un evento straordinario, involontario e non prevedibile.

Ciò avviene di frequente quando lo stato di bisogno è causato da problemi di salute dovuti all'insorgere di una malattia o al verificarsi di un infortunio, che, per un periodo più o meno lungo, hanno limitato notevolmente lo svolgimento dell’attività lavorativa, provocando una flessione dei redditi derivanti dall'esercizio della professione e quindi una situazione di difficoltà economica.

La giurisprudenza di merito è intervenuta a chiarire la finalità dell’istituto e ha sostanzialmente confermato l’interpretazione data dalla Cassa alla norma regolamentare, precisando quali requisiti sono richiesti per poter essere ammessi al beneficio, con particolare riferimento al nesso di causalità che deve necessariamente sussistere tra l’evento straordinario, involontario e non prevedibile e la situazione di grave difficoltà economica (Corte d’Appello di Napoli, n. 4380/2019).

Nella fattispecie all'esame della Corte, il professionista aveva presentato alla Cassa domanda di assistenza per stato di bisogno asserendo che le lesioni riportate in seguito ad un infortunio avevano determinato l’impossibilità di svolgere la propria attività professionale per un periodo di almeno cinque mesi.

La Cassa aveva respinto l’istanza per mancanza de i requisiti prescritti, pertanto l’interessato aveva promosso ricorso innanzi al Tribunale di Napoli, che, con sentenza n. 719/2017, pubblicata il 18.07.2017, aveva dichiarato l’inammissibilità della domanda di assistenza per la mancata dichiarazione del valore della prestazione richiesta, nonché per l’infondatezza della domanda, ritenendo applicabile alla fattispecie l’art. 152, ultimo comma, disp. att..c.p.c., che prevede la sanzione di inammissibilità dell’azione previdenziale per omessa indicazione nell'atto introduttivo del valore della prestazione dedotta.

Nel ricorso in appello era stata contestata l’erroneità dell’interpretazione data dal giudice di primo grado, in quanto aveva applicato una disposizione normativa vigente in materia di prestazioni previdenziali, pur in presenza di una domanda diretta al conseguimento di una prestazione assistenziale, evidenziando, peraltro, che tale norma era stata dichiarata costituzionalmente illegittima con sentenza della Corte Cost. n. 241 del 20/11/2017; pertanto era stato chiesto, in riforma dell’impugnata sentenza, l’accoglimento della domanda, con conseguente condanna della Cassa all'erogazione di un contributo pari a 5.000,00 euro.

Con la richiamata sentenza, la Corte ha dichiarato l’appello infondato, precisando che la domanda presentata dal ricorrente per accedere alla prestazione assistenziale deve ritenersi inammissibile non già per la mancata dichiarazione del valore della prestazione richiesta, bensì per insussistenza dei presupposti per l’applicabilità della disposizione regolamentare, vista la genericità delle motivazioni addotte dall'appellante, il quale, nell'affermare che l’infortunio subito ha causato l’impossibilità di muoversi e di attendere alla propria occupazione, non ha dimostrato in alcun modo l’esistenza di uno stato di bisogno cagionato dall'evento occorsogli.

La Corte ha quindi chiarito che la norma del regolamento va interpretata nel senso che per essere ammessi al beneficio assistenziale è necessario che

“sussista un nesso eziologico diretto fra l’evento imprevedibile occorso al richiedente e lo stato di bisogno in cui questi versi: in sostanza la condizione di grave difficoltà economica deve essere cagionata dall'evento straordinario, involontario ed imprevedibile che investa la vita del professionista”.

Nelle motivazioni della sentenza si evidenzia, peraltro, che la dinamica dell’evento non era stata chiaramente illustrata e pertanto non era stato possibile nemmeno accertare se l’evento stesso avesse le caratteristiche indicate dalla richiamata norma e cioè se potesse essere considerato un evento straordinario, involontario e non prevedibile.

Si osserva, inoltre, che l’evento si era verificato alla fine dell’anno 2014 e perciò la mancata produzione di reddito per tale anno non poteva essere stata conseguenza diretta dell’infortunio, ma doveva essere stata determinata da cause differenti. Infine, si rileva che anche lo stato di bisogno non era stato sufficientemente comprovato dal ricorrente, il quale in quel periodo risultava essere fiscalmente a carico della madre, con la quale conviveva, e aveva genericamente lamentato la difficoltà di far fronte ai pagamenti del canone di locazione dell’immobile destinato a studio, senza fornire alcuna prova né dell’esistenza del contratto né dell’entità del canone dilocazione.

La giurisprudenza ha quindi confermato l’interpretazione data dalla Cassa Forense alla normativa vigente in materia, dichiarando che la domanda di assistenza per stato di bisogno, deve essere ritenuta inammissibile e comunque infondata, qualora non sussista una prova sufficiente dell’esistenza di un grave stato di bisogno etiologicamente connesso con l’evento straordinario, involontario e non prevedibile occorso al professionista.