Debito contributivo prescritto: omissioni parziali e rendita vitalizia
2/2020 MAGGIO - AGOSTO
Il Regolamento per le prestazioni previdenziali erogate da Cassa Forense, dopo aver declinato tipologie e requisiti per poter accedervi a domanda da parte degli aventi diritto, con riferimento alla misura della pensione di vecchiaia – ed in particolare della quota base – recita:
“Ai fini della determinazione del trattamento si considerano soltanto gli anni di effettiva iscrizione e contribuzione come previsto dagli articoli 2 e 3 della legge 319/1975… È fatto salvo quanto stabilito con separato Regolamento in riferimento al recupero di anni resi inefficaci per intervenuta prescrizione a seguito di versamenti parziali” (art. 4, n. 2 e 3)."
La normativa regolamentare è coerente con la specificità del rapporto previdenziale tra libero professionista ed ente di previdenza in quanto non trova applicazione il principio generale dell’automatismo delle prestazioni previdenziali, che fa salvo il diritto del lavoratore a percepire il trattamento anche in presenza di eventuali inadempimenti del datore – nei limiti del periodi di prescrizione, con la conseguenza che il mancato versamento dei contributi i obbligatori impedisce il diritto alla prestazioni.
La Cassa ha sempre interpretato la locuzione “effettiva contribuzione” come “integrale contribuzione dovuta”, con la conseguenza che il versamento solo parziale e irregolare, per qualsiasi motivo si sia verificato, della detta contribuzione è stato ritenuto ostativo all’inclusione dell’intero anno di riferimento nell’anzianità contributiva nonché nel conteggio del trattamento pensionistico.
Tale principio è stato, peraltro, espressamente enunciato nel “Regolamento per la costituzione di rendita vitalizia reversibile in caso di parziale omissione di contributi per i quali sia intervenuta prescrizione” – deliberato dal Comitato dei Delegati del 16/12/2005 e approvato con delibera interministeriale del 24/07/2006, entrato in vigore il 1/8/2006 –, successivamente modificato in “Regolamento per il recupero di anni resi inefficaci a causa di parziale versamento di contributi per i quali sia intervenuta la prescrizione” – deliberato dal Comitato dei Delegati del 23.09.2011 e approvato con delibera interministeriale del 27/12/2011 –, ove, all’art. 1, è testualmente stabilito che “sono considerati inefficaci ai fini del riconoscimento del diritto a pensione, nonché per il calcolo della stessa, gli anni di iscrizione alla Cassa per i quali risulti accertata un’omissione, anche parziale, nel pagamento di contributi che non possono più essere richiesti e versati per intervenuta prescrizione”.
Ed al comma 2
“I contributi soggettivi versati per gli anni considerati inefficaci… sono a richiesta, rimborsabili…, salvo che l’interessato, nel caso di omissione contributiva parziale, si avvalga dell’istituto della rendita vitalizia disciplinato dal presente Regolamento”.
Invero, il Regolamento per la costituzione della rendita vitalizia risponde all’esigenza di consentire agli iscritti ed ai superstiti degli aventi diritto a pensione il recupero degli anni dichiarati inefficaci in conseguenza di omissioni contributive parziali mediante il versamento di un importo pari alla riserva matematica necessaria al finanziamento del maggior onere per l’ente riproporzionata in base alla quota di contributo non versato rispetto al dovuto.
Con la novella del 2011 è stata inoltre estesa la facoltà di accedere all'istituto, proprio per dare certezza al rapporto previdenziale (la stessa certezza che giustifica l’istituto della prescrizione), prima dell’avvio dell’istruttoria di pensione, nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione che accerta l’omissione contributiva ovvero in un qualsiasi momento precedente.
Effettiva contribuzione e la conseguenza della prescrizione dei contributi obbligatori omessi sono state questioni più volte sottoposte al vaglio della magistratura, tanto di legittimità che di merito.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 5672/2012, ha affermato che
“anche gli anni non coperti da integrale contribuzione concorrono a formare l’anzianità contributiva e vanno inseriti nel calcolo della pensione di vecchiaia, prendendo come base il reddito sul quale è stato effettivamente pagato il contributo; si fa presente che la Suprema Corte assume come presupposto che “nessuna norma della previdenza forense prevede che la parziale omissione del debito contributivo determini la perdita o la riduzione dell’anzianità contributiva e della effettività di iscrizione alla Cassa, giacché la normativa prevede solo il pagamento di somme aggiuntive. Nessuna norma quindi prevede che venga “annullata” l’annualità in cui vi siano stati versamenti inferiori al dovuto …. Nessuna disposizione della legge professionale prescrive che l’annualità non possa essere accreditata ove i versamenti siano inferiori ad una determinata soglia…” (conforme, Cass., n. 26962/2013).
Precisano gli ermellini che l’unico aggancio normativo reperibile sarebbe quello dell’art. 1 della legge n. 576/1980, come modificata dalla legge n. 141/1992, laddove prevede che la pensione
“è pari, per ogni anno di effettiva iscrizione e contribuzione, a….”, precisando però che “il termine «effettivo» non può interpretarsi come precettivo del fatto che la contribuzione deve essere integrale… L’aggettivazione usata sta invece ad indicare che la pensione si commisura sulla base della contribuzione «effettivamente » versata …..”.
La stessa Corte, peraltro, precisa che “è pur vero che con questo meccanismo si finisce di computare sia ai fini della anzianità contributiva prescritta, sia ai fini della misura della pensione, anche gli anni in cui si è versato meno del dovuto e che detto minore versamento potrebbe anche non influire sull'ammontare della prestazione, andando così a scapito della Cassa…. Tuttavia, sembra questo un effetto ineliminabile dalla mancanza, nell'ambito della legge professionale, di una disposizione che ricolleghi alla parziale omissione contributiva, l’annullamento sia di quanto versato, sia dell’intera annualità”.
Le pronunce sopra riportate – relative ad annualità risalenti, per le quali era stata rilevata l’esistenza di un debito contributivo prescritto (e, precisamente, 1977- 1980 per la sentenza del 2012 e 1992-1994 per la successiva del 2013) – si fondano sul presupposto che non esisteva una norma che comportasse, quale conseguenza dell’omissione contributiva, l’inefficacia dell’anno ai fini pensionistici.
Tale norma è stata introdotta espressamente dal citato “Regolamento per la costituzione di rendita vitalizia reversibile in caso di parziale omissione di contributi per i quali sia intervenuta prescrizione”, circostanza che è stata rilevata dalla successiva giurisprudenza di merito (Corte di Appello di Brescia, n. 33/2017, sempre per annualità risalenti, 1982 e 1983, in relazione a pensione di anzianità, all. 4; Corte di Appello di Palermo, n. 600/2015, con riferimento all’anno 1993).
Pertanto, i principi giurisprudenziali consolidatisi nel solco della pronunzia della Suprema Corte del 2012 trovano applicazione per i giudizi relativi ai trattamenti pensionistici liquidati in data antecedente la data di entrata in vigore del Regolamento per la costituzione della rendita vitalizia e per i quali alla data di liquidazione del trattamento la prescrizione non è ancora maturata.
Con recente pronunzia (Cass. Civ. Se. Lav. 21.11.2019, n. 30421) la Suprema Corte, ritornando sul tema della parziale omissione contributiva e riaffermando il principio che agli aventi diritto vada riconosciuto un trattamento commisurato alla minor contribuzione versata in luogo di quella dovuta, sostituendo al reddito dichiarato il reddito corrispondente alla contribuzione effettivamente versata, ha tuttavia evidenziato – con un obiter dictum, nel dichiarare non scrutinabile per motivi di rito l’argomentazione e l’allegazione difensiva – che, viceversa, le previsioni di detto Regolamento non possono che applicarsi alle pensioni liquidate successivamente alla sua entrata in vigore, ha sostanzialmente confermato che con l’approvazione ed adozione del Regolamento per il recupero degli anni resi inefficaci per le finalità sopra richiamate, sia stata introdotta la norma positiva che espressamente prevede la inefficacia
“ai fini del riconoscimento del diritto a pensione, nonché per il calcolo della stessa, (de)gli anni di iscrizione alla Cassa per i quali risulti accertata una omissione, anche parziale, nel pagamento di contributi che non possono essere più richiesti e versati per intervenuta prescrizione” (art. 1 Reg. cit.).