I soggetti passivi del contributo soggettivo ed integrativo

2/2019 MAGGIO - AGOSTO

di Maria Salafia

1. I soggetti passivi del contributo soggettivo (base e modulare obbligatorio) ed integrativo sono tutti i professionisti iscritti (o iscrivibili) alla Cassa forense ed agli albi (per il contributo integrativo).

Soggetti passivi del contributo soggettivo sono, quindi, tutti i professionisti “tenuti” all’iscrizione alla cassa forense, indipendentemente dal fatto che ancora non abbiano provveduto all’iscrizione; ciò che è necessario è il possesso dei requisiti per l’obbligo dell’iscrizione (iscrizione all’albo professionale ed insussistenza di cause di incompatibilità).

Ai fini dell’identificazione del soggetto passivo non è necessaria l’iscrizione alla cassa forense; il professionista diventa destinatario della obbligazione contributiva indipendentemente dall’iscrizione alla cassa, atteso che obbligato è il soggetto comunque tenuto all’iscrizione alla cassa (per il periodo antecedente alla l.n.247/2012, la domanda di iscrizione alla cassa era una semplice dichiarazione di scienza e non una manifestazione di volontà, e quindi atto amministrativo a contenuto dichiarativo che formalizzava una situazione già verificatasi). Anche per quanto riguarda il contributo integrativo, soggetto passivo è il professionista iscritto all’albo professionale, ed anche se il contributo è a carico del cliente, in quanto è il solo soggetto obbligato nei confronti della Cassa.

Il professionista è obbligato al versamento del contributo integrativo anche se il cliente non l’ha ancora pagato (agisce come una sorta di sostituto di imposta).

2. Oltre ai citati soggetti passivi che ne derivano il titolo direttamente dalla legge (in quanto obbligati ex lege all’obbligazione contributiva), vi sono altri soggetti passivi che diventano tali per loro libera scelta. Si tratta di quei professionisti che si iscrivono alla cassa forense pur non essendovi obbligati: è il caso, ad esempio, dei praticanti avvocati che possono chiedere l’iscrizione alla cassa di previdenza forense.. La volontarietà, per tali soggetti, riguarda, però, l’iscrizione; una volta operata l’iscrizione, il soggetto diventa obbligato al pagamento del contributo. Una volta manifestata la volontà di iscrizione e concretizzatosi la fattispecie, sorge la soggettivizzazione passiva e l’obbligo di adempiere l’obbligazione contributiva.

3. Poiché la fonte del rapporto contributivo risiede unicamente nella legge, non hanno rilevanza, ai fini dell’insorgenza dell’obbligazione contributiva, né la volontà del soggetto passivo (libero professionista), né quella del titolare del diritto al contributo (Cassa di previdenza forense).

Occorre evidenziare che non sono soggetti passivi del contributo soggettivo (ed integrativo) gli avvocati iscritti negli elenchi speciali, in quanto esercitano la professione nell’ambito di un rapporto di impiego quali dipendenti degli uffici legali degli enti pubblici, atteso che non possono essere iscritti alla cassa categoriale ai sensi dell’art. 22 l. n. 576/1980.

4. Presupposto legale del contributo soggettivo è, quindi, l’esercizio della professione con l’iscrizione all’albo e non la produzione del reddito (nel caso in cui il professionista non consegue reddito professionale il rapporto giuridico contributivo sorge ugualmente, anche se limitatamente al versamento di un contributo minimo, e agli obblighi di comunicazione reddituale obbligatoria alla cassa forense). Mentre l’obbligo della prestazione pecuniaria (il c.d. contributo soggettivo) nasce in seguito al conseguimento di un certo reddito professionale (essendo la base imponibile sulla quale si calcola la contribuzione), salvo l’obbligo del pagamento di un contributo minimo, il rapporto giuridico contributivo sorge a partire dal momento in cui il professionista si iscrive all’albo professionale ed esercita la libera professione.

5. Con specifico riferimento al contributo integrativo, per la nascita del rapporto giuridico contributivo, di norma, è ininfluente lo svolgimento dell’attività professionale in termini ridotti, atteso che la fattispecie si concretizza nel momento in cui il professionista iscritto all’albo esercita la professione anche solo saltuariamente.

Sempre con riferimento al contributo integrativo, occorre evidenziare come al libero professionista viene offerta la possibilità di “rivalersi” sul committente; il committente, pur partecipando al finanziamento del sistema (in modo indiretto), per mezzo di un rapporto obbligatorio nei confronti del soggetto passivo del rapporto contributivo, non assume, però, alcuna diretta responsabilità nei confronti dell’ente creditore. Il contributo integrativo è, quindi, ripetibile nei confronti del cliente, ed è materialmente versato dal professionista che opera come sostituto di imposta (La ripetibilità nei confronti delle parti in causa è limitata al contributo integrativo, con esclusione del contributo soggettivo: Cass. 1° aprile 1995, n. 3843, in Giust. civ., 1996, I, 1108); infatti il professionista deve versare alla cassa di previdenza l’importo del contributo integrativo dovuto, indipendentemente dall’effettivo pagamento da parte del cliente, che è il debitore al quale viene fatto carico della maggiorazione (Anche se con riferimento all’assicurazione generale obbligatoria gestita dall’Inps, Cass. 17 marzo 2009, n. 6448 ha affermato che in tema di contributi previdenziali, il datore di lavoro che non abbia provveduto ai versamenti dovuti nel termini di legge resta obbligato, ai sensi dell’art. 23 l. n. 218/1952, in via esclusiva per l’adempimento, con esclusione del diritto di rivalsa nel confronti del lavoratore per la quota a carico di quest’ultimo).

Irrilevante – salve specifiche deroghe – ai fini dell’insorgenza dell’obbligazione contributiva, è sia lo status di pensionato del professionista che l’eventuale età avanzata del soggetto, ancorché ciò comporti la sicura non fruibilità delle prestazioni pensionistiche; la giustificazione dell’obbligo contributivo risiede nel principio di solidarietà che sovraintende la previdenza forense. Da quanto innanzi riportato consegue che la contribuzione alla cassa forense si “diversifica” in rapporto allo status previdenziale del soggetto obbligato.