Il sistema previdenziale forense e la Corte costituzionale
2/2019 MAGGIO - AGOSTO
La Corte costituzionale, Servizio Studi, nella riunione straordinaria del 21.3.2019 ha “licenziato” un interessante volume in cui è riportato, in modo ragionato, la giurisprudenza costituzionale dell’anno 2018.
In tale rassegna (pagina 209-212) un apposito paragrafo (2.5) è dedicato al sistema previdenziale forense, in cui si dà conto degli interventi della Corte costituzionale sulla previdenza forense, interventi che hanno contribuito ad una “sistemazione costituzionale” della materia relativa alla previdenza forense, ma anche della previdenza categoriale dei liberi professionisti.
E da tale rassegna si evince come, a seguito della l. 20.9.1980 n. 576, il sistema previdenziale forense è ispirato a un criterio solidaristico e non esclusivamente mutualistico. Si è passati così da un sistema previdenziale mutualistico (caratterizzato dalla divisione del rischio tra coloro che sono ad esso esposti e dalla conseguente riferibilità ad essi dei fini e degli oneri previdenziali conseguenti alla stessa divisione, nonché dalla proporzionalità tra contributi e prestazioni previdenziali private), ad un sistema previdenziale solidaristico. Quest’ultimo è caratterizzato dalla riferibilità dei fini e degli oneri previdenziali ai principi della solidarietà, secondo il modello della sicurezza sociale, sia pure operanti all’interno di ciascuna categoria di lavoratori, nonché dall’irrilevanza della proporzione tra contributi e prestazioni, essendo considerati i primi unicamente quale mezzo finanziario della previdenza sociale, che è prelevato fra tutti gli appartenenti alla categoria in ragione della loro capacità contributiva, ed essendo considerate le prestazioni quale strumento per l’attuazione concreta dei fini della previdenza stessa: non vi è corrispondenza tra la contribuzione alla quale è chiamato l’avvocato iscritto e le prestazioni previdenziali e assistenziali erogate dalla Cassa Forense.
Aggiungasi che la Cassa Forense – come peraltro anche le casse previdenziali categoriali dei liberi professionisti – svolge la funzione di cui all’art.38 Cost.. Infatti come si evidenzia nella riferita rassegna, gli avvocati, la cui attività libero-professionale rientra nell’area della tutela previdenziale del lavoro (art.38 Cost.), non solo beneficiano, assumendone il relativo onere con l’assoggettamento a contribuzione, della copertura da vari rischi di interruzione o riduzione dell’attività con conseguente contrazione o cessazione del flusso di reddito, ma anche condividono solidaristicamente la necessità che, verificandosi tali eventi, siano assicurati mezzi adeguati alle esigenze di vita.
Il criterio solidaristico del sistema previdenziale forense è rafforzato dalla l. n. 247 del 2012, con la previsione della iscrizione automatica alla Cassa degli iscritti agli albi.
Il criterio solidaristico, come si legge nella riferita rassegna della Corte costituzionale, non è stato indebolito dalla privatizzazione delle previdenze categoriali, e dall’autonomia normativa attribuita alle casse previdenziali categoriali, atteso che, con la privatizzazione, il legislatore ha attuato un complessivo disegno di riordino della previdenza dei liberi professionisti, arretrando la linea di intervento della legge e lasciando spazio alle casse di previdenza categoriali di modellare la forma di previdenza (categoriale) secondo il criterio solidaristico. Rientra, infatti, nell’autonomia regolamentare della Cassa dimensionare la contribuzione degli assicurati nel modo più adeguato per raggiungere la finalità di solidarietà mutualistica, assicurando l’equilibrio di bilancio e senza necessità di finanziamenti pubblici diretti o indiretti.
Il criterio solidaristico della previdenza forense giustifica e legittima anche l’obbligatorietà (e l’automaticità ex lege) dell’iscrizione alla cassa e dell’obbligazione contributiva.
La Corte costituzionale è “intervenuta” anche sulla natura giuridica della contribuzione previdenziale affermando che la contribuzione previdenziale non è una imposizione tributaria vera e propria, di carattere generale, ma una prestazione patrimoniale diretta a contribuire esclusivamente agli oneri finanziari del regime previdenziale dei lavoratori. Pertanto, poiché il contributo soggettivo ed integrativo costituiscono il “mezzo” necessario al raggiungimento dei fini istituzionali della Cassa Forense, in quanto l’erogazione delle prestazioni pensionistiche ed assistenziali a favore dei professionisti avviene grazie alle entrate contributive, atteso il collegamento (e non la corrispettività) tra le prestazioni pensionistiche e i contributi, si può concludere che, il contributo soggettivo ed integrativo, adempiono alla funzione di precostituire i mezzi finanziari necessari al raggiungimento dei fini istituzionali di un ente privato esercente funzione pubblica.
La contribuzione previdenziale per la Corte costituzionale (con le riferite sentenze n. 88 del 1995 e n. 173 del 1986), non ha natura tributaria (e quindi non è ipotizzabile una violazione dell’art. 53 Cost.), bensì è una prestazione patrimoniale diretta a contribuire esclusivamente agli oneri finanziari del regime previdenziale dei lavoratori e si giustifica in quanto è diretta a realizzare tale finalità. La Corte costituzionale evidenzia, infatti, come diversa sia l’obbligazione tributaria che si fonda sulla capacità contributiva e non ha necessariamente una destinazione mirata, bensì si raccorda al generale dovere di concorrere alle spese pubbliche e può anche rispondere a finalità di perequazione reddituale, nella misura in cui opera il canone di progressività del sistema tributario. E sempre la Corte costituzionale afferma che, stante la riferita differenziazione, “la contribuzione dovuta alla cassa, fin quando assicura l’adeguatezza dei trattamenti pensionistici alle esigenze di vita, anche con un indiretto effetto di perequazione, non eccede la solidarietà categoriale di natura previdenziale, in quanto volta a realizzare un circuito di solidarietà interno al sistema previdenziale, né trasmoda in un’obbligazione ascrivibile invece alla fiscalità generale e quindi di natura tributaria”.
La Corte costituzionale ribadisce come il sistema di previdenza forense sia ispirato ad un criterio solidaristico e non già esclusivamente mutualistico, e che tale connotazione solidaristica giustifica e legittima la norma di cui all’art.10 l. n. 576/80 nella parte in cui prevede, per l’avvocato pensionato nella gestione Inps che si iscriva alla cassa forense, l’obbligo contributivo nella misura ordinaria, e ciò anche se l’avvocato, a causa della sua età avanzata, difficilmente potrà beneficiare della pensione. Peraltro, evidenzia la Corte, non vi è disparità di trattamento, atteso che l’avvocato pensionato Inps ed iscritto alla cassa, può in ogni caso maturare, presso la Cassa Forense, dopo cinque anni di contribuzione la pensione contributiva di vecchiaia. Dunque, anche in caso d’iscrizione in età avanzata, vi è la possibilità concreta di conseguire una prestazione previdenziale di entità calcolata con il sistema contributivo. Anche nel caso in cui l’iscrizione non potrà dar luogo ad alcun trattamento pensionistico (ad es., iscritti all’albo professionale in età avanzata o iscritto ultraquarantenne) , l’avvocato è comunque soggetto all’obbligo di iscrizione alla cassa (e conseguente contribuzione), atteso il dovere di solidarietà di gruppo, indipendentemente dai vantaggi personali conseguibili . Non è esonerato, quindi, dall’iscrizione alla Cassa Forense ed al relativo obbligo contributivo, l’avvocato iscritto all’albo (ed in precedenza, con esercizio professionale con carattere di continuità).
La Corte costituzionale, sempre con la citata sentenza n.67/2018, ha dichiarato infondata la questione di legittimità dell’art. 22 della l. n. 576/80, nella parte in cui sanziona l’inadempienza consistente nell’esercizio dell’attività forense da parte di un avvocato che, pur essendone tenuto per la sussistenza dei relativi presupposti, abbia omesso di presentare la domanda di iscrizione alla cassa con il pagamento, oltre ai contributi arretrati con interessi e sanzioni, anche di una penalità pari alla metà dei contributi arretrati, ossia quelli il cui termine di pagamento sarebbe già scaduto se l’iscrizione fosse stata chiesta tempestivamente. E proprio per rimuovere un grave nocumento alla realizzazione della tutela previdenziale degli avvocati, la legge n.247 del 2012 ha introdotto l’automatismo per cui l’iscrizione all’ordine comporta in ogni caso l’iscrizione alla Cassa Forense. La Corte costituzionale ha, quindi, legittimato l’obbligo di iscrizione alla Cassa Forense anche per i professionisti già soggetti – per altra attività contemporaneamente svolta - ad altro regime previdenziale pubblico (ad es., docenti universitari), trovando per la Suprema Corte, tale obbligo la sua giustificazione nel passaggio della previdenza forense (ma anche degli altri liberi professionisti) da un sistema mutualistico (contraddistinto, come già detto, dall’accreditamento dei contributi in conti individuali e dalla corrispondenza fra rischio e contribuzione e, quindi, della proporzionalità fra premi e rendita) ad un sistema di previdenza solidaristico (caratterizzato da una non corrispondenza fra rischio e contribuzione e dall’irrilevanza della proporzionalità tra contributi e prestazioni previdenziali). Nel sistema previdenziale forense, invero, il principio di solidarietà non si sovrappone al principio mutualistico ma funge da correttivo, mitigando il criterio di proporzionalità delle prestazioni ai contributi versati nella misura occorrente per assicurare a tutti gli appartenenti alla categoria mezzi adeguati alle loro esigenze di vita, giusto il precetto dell’art.38 Cost.
Il sistema previdenziale forense, basato sulla solidarietà di categoria, “giustifica”, dunque, per la Corte costituzionale la soggezione dell’iscrizione alla Cassa Forense (con conseguente obbligo contributivo) di tutti i membri della categoria, compresi coloro che non abbiano comunque necessità né intenzione di avvalersene, essendo destinatari di analoghi vantaggi assicurativi per essere titolari di altra posizione assicurativa pubblica; né si può parlare in tal caso di duplicazione di tutela, in quanto si fa riferimento a due diverse attività lavorative.