La rendita vitalizia

1/2019 GENNAIO - APRILE

di Giovanni Schiavoni

1)  Il Comitato dei delegati, nella riunione del 16.12.2005, deliberò il “Regolamento per la costituzione di rendita vitalizia reversibile in caso di parziale omissione dei contributi per i quali sia intervenuta prescrizione”.

L’art. 1 del Regolamento disciplina gli “Effetti della intervenuta prescrizione di contributi” e attualmente, dopo la novella del 23.9.2011, così dispone:

  1. Sono considerati inefficaci ai fini del riconoscimento del diritto a pensione nonché per il calcolo della stessa, gli anni di iscrizione alla Cassa per i quali risulti accertata un’omissione anche parziale, nel pagamento di contributi che non possono più essere richiesti e versati per intervenuta prescrizione.
  2. I contributi soggettivi versati per gli anni considerati inefficaci ai sensi del comma precedente, sono, a richiesta, rimborsabili a norma dell’art. 22 della legge 576/1980, salvo che l’interessato, nel caso di omissione contributiva parziale, si avvalga dell’istituto della rendita vitalizia disciplinato dal presente Regolamento.”

2)  Per comprendere le ragioni che portarono all’adozione del Regolamento è opportuno ripercorrere – sia pur brevemente – l’evoluzione legislativa e giurisprudenziale sulla omessa contribuzione e sulla prescrizione dei contributi dovuti alla Cassa.[1]

E, innanzitutto, si deve tener presente che nel sistema previdenziale, relativamente al rapporto di lavoro dipendente nel settore privato, vige il principio all’automaticità delle prestazioni (art. 2116 c.c.) per il quale, nell’ipotesi in cui il datore di lavoro non ottemperi all’obbligo di versamento dei contributi, il lavoratore, nei limiti della prescrizione, matura comunque il diritto al trattamento pensionistico. [2]

Nell’ipotesi in cui, invece, i contributi non siano più esigibili per intervenuta prescrizione, ai sensi dell’art. 13 L. 12.8.1962 n. 1338 i periodi di attività lavorativa subordinata, per i quali il datore di lavoro non abbia versato i contributi (oramai prescritti), possono formare oggetto di costituzione di rendita vitalizia. Il datore di lavoro, responsabile di omissione contributiva, può costituire a favore del lavoratore dipendente una rendita vitalizia reversibile a copertura della pensione o quota di pensione che spetterebbe allo stesso in relazione ai contributi omessi. La stessa disposizione offre al lavoratore o ai suoi superstiti la possibilità di sostituirsi al datore di lavoro nel richiedere la costituzione della rendita e nell’effettuare il relativo versamento, salvo il diritto al risarcimento del danno, ai sensi dell’art. 2116 cc.

Nel lavoro autonomo, e quindi nel rapporto tra lavoratore autonomo - libero professionista ed ente previdenziale, il principio di automatismo non trova invece applicazione.

Pertanto, in mancanza di norma esplicita, il mancato versamento dei contributi obbligatori impedisce -di regola- la costituzione stessa del rapporto previdenziale e comunque la maturazione del diritto alla prestazione. Così, di recente, si è espressa la Corte di Cassazione che con la pronunzia del 14.6.2018 n. 15643, in motivazione ha affermato: “Il principio generale dell’automatismo delle prestazioni previdenziali vigente, ai sensi dell’art. 2116 c.c. nel rapporto fra lavoratore subordinato e datore di lavoro, da un lato, ed ente previdenziale, dall’altro, non trova applicazione nel rapporto fra lavoratore autonomo (e, segnatamente, libero professionista, come nella specie) ed ente previdenziale – nel difetto di esplicite norme di legge (o di legittima fonte secondaria) che eccezionalmente dispongano in senso contrario – con la conseguenza che il mancato versamento dei contributi obbligatori impedisce, di regola, la stessa costituzione del rapporto previdenziale e, comunque, la maturazione del diritto alle prestazioni (cfr. Cass. n. 7602 del 2003; Cass. n. 11895 del 1995; Cass. n. 4149 del 1988; con specifico riferimento al libero professionista, cfr. Cass. n. 23164 del 2007; Cass. n. 6340 del 2005; Cass. n. 18720 del 2004; Cass. n. 9525 del 2002; Cass. n. 4153 del 1980).”

Relativamente alla previdenza forense l’art. 2 L. n. 773 del 1982, modificato dalla L. n. 141 del 1992, prescriveva: “La pensione di vecchiaia è corrisposta a coloro che abbiano compiuto almeno sessantacinque anni di età, dopo almeno trenta anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa e sempre che l’iscritto non abbia richiesto il rimborso di cui al primo comma dell’art. 21”.

Il vigente Regolamento per le prestazioni previdenziali (delibera del Comitato dei delegati del 26.6.2015 e successive modifiche) ha aumentato il numero degli anni di effettiva iscrizione e contribuzione e il limite di età per poter fruire del trattamento pensionistico. Esso dispone che la pensione è corrisposta e spetta se sussistono (tra l’altro) un determinato numero di anni di “effettiva iscrizione” e “contribuzione” alla Cassa: così  l’art. 2 co.1 prescrive che per fruire della pensione di vecchiaia nel periodo che va  dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2020 occorre aver raggiunto l’età di 69 anni con almeno 34 di effettiva iscrizione e contribuzione; dal 1° gennaio 2021 l’età pensionabile sarà di anni 70 con almeno 35 anni di effettiva iscrizione e contribuzione; l’art.7 co. 1 indica i requisiti richiesti per il conseguimento della pensione di anzianità; l’art. 8 quelli per la pensione di vecchiaia contributiva; l’art.9 co. 1 n. 2 quelli richiesti per la pensione di inabilità; l’art. 10 co. 1 quelli per la pensione di invalidità etc.).

Il diritto al trattamento pensionistico è subordinato perciò alla sussistenza di due presupposti:

  1. a) effettiva iscrizione alla Cassa per un determinato periodo temporale;
  2. b) pagamento dei contributi nella misura dovuta.

Quanto al primo presupposto, il diritto al trattamento previdenziale differisce in relazione alla durata della effettiva iscrizione con possibilità di trattamenti diversi (pensione contributiva, retributiva, anticipata, ecc.).

Quanto al secondo presupposto, può verificarsi l’ipotesi che l’iscritto ometta il versamento del contributo dovuto ovvero effettui un versamento parziale.

Nel primo caso – omesso pagamento – l’anno o gli anni in cui non sono stati versati i contributi non sono validi ai fini del periodo di effettiva iscrizione né – ovviamente – per il calcolo della pensione. Tanto perché, come si è detto, nel sistema previdenziale dei professionisti non opera il principio di automatismo.

Nel secondo caso – versamento parziale – vi sono conseguenze sia sull’importo del trattamento pensionistico sia sulla cosiddetta “anzianità di iscrizione”.

Pur in assenza di norma esplicita, l’art. 2 L. 576/1980 e succ. modifiche è stato interpretato in maniera rigorosa; l’espressione “effettiva. contribuzione” comportava in caso di parziale contribuzione la perdita dell’anno previdenziale.

Il Consiglio di Amministrazione di Cassa Forense, con delibera del 2.12.1984, dispose che non potessero essere considerati anni di effettiva contribuzione quelli per i quali i contributi non fossero stati integralmente versati; con la conseguenza che il mancato integrale pagamento, a causa della eccepita prescrizione, impediva che l’anno o gli anni in questione potessero essere presi in considerazione. [3]

Conclusivamente, può dirsi che il mancato pagamento dei contributi (sia totale che parziale) implica che sia l’anno di iscrizione sia il reddito professionale ai fini IRPEF non possano essere tenuti presenti ai fini del riconoscimento del diritto a pensione e ai fini del calcolo della pensione stessa. [4]

3)   Sulla prescrizione del credito contributivo.

L’art. 19 della L. 20.9.1980 n. 576 recita: “La prescrizione dei contributi dovuti alla Cassa e di ogni relativo accessorio si compie con il decorso di dieci anni.

Per i contributi, gli accessori e le sanzioni dovuti o da pagare ai sensi della presente legge, la prescrizione decorre dalla data di trasmissione alla Cassa, da parte dell'obbligato, della dichiarazione di cui agli artt. 17 e 23.”

Prescrizione decennale, quindi, a partire dalla data di comunicazione alla Cassa dei dati reddituali da parte dell’iscritto (Mod. 5).

Con l’entrata in vigore della legge n. 335 del 1995 la disciplina muta.

Infatti ai sensi dell’art. 3: “Le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si prescrivono e non possono essere versate con il decorso dei termini di seguito indicati:

a ) dieci anni per le contribuzioni di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie, compreso il contributo di solidarietà previsto dall'art. 9- bis , comma 2, del decreto-legge 29 marzo 1991, n. 103, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° giugno 1991, n. 166, ed esclusa ogni aliquota di contribuzione aggiuntiva non devoluta alle gestioni pensionistiche. A decorrere dal 1° gennaio 1996 tale termine è ridotto a cinque anni salvi i casi di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti (6);

b ) cinque anni per tutte le altre contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria .

La Corte Suprema di Cassazione ha ripetutamente affermato che tale ultima normativa era applicabile anche alle Casse privatizzate dei liberi professionisti (Cass. 12.1.2002 n. 330).[5]

Pertanto, a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 335/1995 agli Enti previdenziali privatizzati, quindi anche a Cassa Forense, si applicarono i seguenti criteri:

  1. a) termine di prescrizione dei contributi: 5 anni;
  2. b) decorrenza del termine di prescrizione: dalla comunicazione del reddito da parte dell’iscritto;
  3. c) automatismo della prescrizione;
  4. d) impossibilità per l’Ente previdenziale di richiedere, e quindi di riscuotere, i crediti contributivi prescritti e impossibilità per l’iscritto di procedere al versamento per la contribuzione prescritta;
  5. e) conseguente inutilizzabilità a fini previdenziali dell’anno nel quale fosse stata omesso totalmente o parzialmente il versamento della contribuzione dovuta.[6]

In altre parole, l’omesso versamento - totale o parziale – una volta decorso il termine prescrizionale – comportava l’impossibilità di regolarizzare la posizione contributiva con evidente danno per l’iscritto a causa dei riflessi negativi sulla continuità professionale e, quindi, sul numero di anni validi ai fini della maturazione del trattamento di quiescenza. Decorso il periodo prescrizionale infatti, l’omesso versamento dei contributi, totale o parziale, impediva che l’anno di iscrizione e il reddito dichiarato fossero riconosciuti validi sia ai fini del diritto a pensione sia ai fini del calcolo della pensione stessa.[7]

4) Al fine di “mitigare gli effetti negativi” per gli iscritti, il Comitato dei delegati, come s’è detto, il 16 dicembre 2005 approvò “il regolamento per la costituzione di rendita vitalizia reversibile in caso di parziale omissione di contributi per la quale sia intervenuta la prescrizione”. [8]

Il Regolamento, quanto agli effetti della intervenuta prescrizione dei contributi, dispone che “gli anni di iscrizione alla Cassa per la quale risulti accertata una omissione, anche parziale nel pagamento di contributi che non possono essere più richiesti e versati per intervenuta prescrizione, sono considerati inefficaci sia ai fini del riconoscimento del diritto a pensione sia ai fini del calcolo della stessa” (art. 1 co.1).

Al fine di rendere meno rigida e dannosa per l’iscritto tale sanzione, il secondo comma prescrive che i contributi soggettivi versati per gli anni considerati inefficaci ai sensi del primo comma “sono a richiesta, rimborsabili a norma dell’art. 22 della legge 576/1980 salvo che l’interessato, nel caso di omissione contributiva parziale, si avvalga dell’istituto della rendita vitalizia disciplinato dal presente regolamento” (art. 1 co. 2).

L’iscritto a Cassa forense che abbia parzialmente omesso il pagamento del contributo dovuto, decorso il termine prescrizionale, può, a richiesta e con esclusivo riferimento agli anni di effettivo esercizio della professione forense (secondo i criteri stabiliti dal comitato dei delegati), accedere alla costituzione di una rendita vitalizia reversibile pari al beneficio pensionistico riferito agli anni di anzianità relativa alla contribuzione parzialmente omessa, utile anche alla maturazione del diritto a pensione (art. 2).

E’ possibile chiedere la costituzione di una rendita vitalizia solo per la omissione  contributiva parziale per la quale sia intervenuta la prescrizione.

I termini e le modalità della domanda di costituzione della rendita vitalizia sono disciplinati dall’art.4 che tra l’altro sancisce la inammissibilità di regolarizzazioni parziali: la domanda di ammissione all’istituto della rendita vitalizia non può che riguardare tutti i periodi per i quali v’è stata omissione contributiva prescritta.

Per la costituzione della rendita deve essere corrisposto un importo pari alla riserva matematica calcolata secondo le indicazioni del D.M. 28.7.1992 e succ. modificazioni per il computo della riserva matematica di cui all’art. 2 della l.45/90 (art 4).

In caso di decorso del termine stabilito per la presentazione della domanda di costituzione della rendita vitalizia reversibile ovvero in mancanza di integrale pagamento nel termine stabilito, l’interessato decade dal beneficio (art. 7).

Il Regolamento è stato modificato dal Comitato dei delegati nella seduta del 23.9.2011 (approvazione Ministeriale del 27.12.2011). Le modifiche di maggior rilievo riguardano il calcolo della riserva matematica che, ai sensi dell’art .3 co.3, non può essere inferiore a quanto dovuto per contributi non pagati, sanzioni e interessi, come determinati ai sensi del vigente regolamento delle sanzioni.

All’art.4 è stato aggiunto il comma 1 bis che prevede la possibilità, da parte dell’iscritto, di avvalersi della costituzione della rendita vitalizia in ogni tempo della vita professionale mentre, nella prima stesura, la domanda poteva essere presentata solo all’atto del pensionamento.[9]

A seguito dell’approvazione del regolamento sono state presentate e istruite 1006 pratiche per la costituzione della rendita (dal 2005 al 2018) e circa 680 domande sono andate a buon fine.

5)  A distanza di un anno dalla approvazione della modifica del regolamento sulla rendita vitalizia, è entrata in vigore la legge 31.12.2012 n. 247 (Nuova disciplina dell’ordinamento professionale).

L’art. 66 della legge così dispone: “1. La disciplina in materia di prescrizione dei contributi previdenziali di cui all'articolo 3 della legge 8 agosto 1995, n. 335, non si applica alle contribuzioni dovute alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense”.

In tal modo è stato, di fatto, ripristinato l’art. 19 della Legge 20.9.1980 n. 576.

La Corte di Cassazione con la sentenza 18.3.2013 n. 6729[10]   ha chiarito che ““l’art. 66 L. 247/2012 nello stabilire che La disciplina in materia di prescrizione dei contributi previdenziali di cui all’art. 3 l. 8 agosto 1995 n. 335 non si applica alle contribuzioni dovute alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense” non opera una interpretazione autentica della norma richiamata, atteso che nella norma non è reperibile alcun indice rivelatore dell’intenzione del legislatore di procedere ad una interpretazione autentica della disciplina del 1995, sicchè la nuova normativa va applicata unicamente per il futuro nonché alle prescrizioni non ancora maturate secondo il regime precedente.””

Pertanto il sistema previdenziale di Cassa Forense ha, oggi, i seguenti punti fermi.

  1. a) I contributi si prescrivono in 10 anni
  2. b) La prescrizione non è automatica ma deve essere eccepita
  3. c) La prescrizione inizia a decorrere dalla data di spedizione alla Cassa della comunicazione contenente i dati rilevanti ai fini irpef e iva (mod.5).
  4. d) L’iscritto può sempre effettuare il versamento del contributo dovuto rinunziando alla già maturata prescrizione; la Cassa non può rifiutare il pagamento del contributo.

Tanto in applicazione delle norme codicistiche di carattere generale (art. 2934 e segg. cc).

Cassa Forense, in applicazione di tali principi, nell’evidente intento di favorire gli iscritti, con delibera del Consiglio di Amministrazione 21.2.2013 ha disposto che, salvo il caso in cui la prescrizione sia stata accertata in via definitiva, “gli uffici dovranno sempre procedere alla richiesta di pagamento degli eventuali contributi omessi” pur se decorso il termine prescrizionale e l’eventuale eccezione di prescrizione “dovrà essere sollevata dall’interessato :in assenza, è ammesso sia il pagamento in forma spontanea sia la riscossione coattiva.”.[11]

In conclusione l’istituto della rendita vitalizia può considerarsi oramai un rimedio del tutto residuale; tanto è vero che negli ultimi anni il numero delle domande per la costituzione della rendita vitalizia è sensibilmente diminuito.[12]                                          

                                        Sulla contribuzione parziale

6)  A questo punto è opportuna una ulteriore riflessione sulla validità o meno dell’anno di iscrizione ai fini contributivi nell’ipotesi in cui vi sia stato un pagamento parziale.

Come si è detto, in un primo momento l’interpretazione della norma (art. 1 L. 576/1982 e succ. modifiche) era quella di non considerare valido l’anno nell’ipotesi di contribuzione solo parziale (anche se, come si è detto, la Cassa accettava il pagamento del dovuto anche in caso di prescrizione).

Successivamente e in virtù dell’art. 1 del Regolamento per la costituzione della rendita vitalizia, gli anni di iscrizione alla Cassa per i quali il versamento dei contributi è stato anche solo parziale, una volta  maturata la prescrizione, erano considerati inefficaci sia ai fini del riconoscimento del diritto a pensione sia per il calcolo della stessa.

Come s’è detto attualmente la prescrizione è decennale; Cassa forense ha i mezzi e gli strumenti per procedere al recupero della contribuzione dovuta -e non pagata- prima del decorso del termine prescrizionale; la prescrizione dei contributi parzialmente omessi deve essere eccepita dall’interessato.

Deve perciò convenirsi che, in caso di eccepita prescrizione da parte dell’iscritto (relativamente al parziale omesso pagamento) l’anno previdenziale non possa che essere considerato inefficace ai sensi dell’art. 1 del Regolamento.

Tale conclusione, che appare logica e coerente alla normativa vigente, è stata però disattesa dalla giurisprudenza.

Già in passato i giudici di merito avevano ritenuto che in caso di mancato integrale versamento dei contributi, decorso il termine prescrizionale, i relativi anni potessero comunque concorrere a formare anzianità contributiva.[13]

Di recente la Corte di Cassazione è tornata in argomento affermando che: “in caso di mancato esercizio del potere di rettifica dei contributi versati dal professionista da parte della Cassa nel termine fissato dall’art. 20, legge 576/1980, gli anni non coperti da integrale contribuzione concorrono a formare l’anzianità contributiva e vanno inseriti nel calcolo della pensione, prendendosi a base il reddito sul quale è stato effettivamente pagato il contributo.”(Cass. 15.4.2015 n. 7621).[14]

Negli stessi termini la recentissima Cass. 14.6.2018 n. 15643 che, pur occupandosi della normativa previdenziale della Cassa geometri, ha fatto espresso riferimento a Cassa Forense.

Il principio dettato dalla Corte Suprema non appare  però condivisibile.

Esso è infatti in contrasto con il regolamento per il recupero degli anni inefficaci che, come si è detto in apertura, non consente che gli anni per i quali vi sia omissione parziale nel pagamento dei contributi possano essere considerati validi ai fini del riconoscimento del diritto a pensione (una volta eccepita la prescrizione) .

V’è anche da aggiungere che nel giudizio avanti la Corte Suprema, poi definito con la sentenza n. 7621/2015, era stato prodotto dalla difesa della Cassa il regolamento per la costituzione della rendita vitalizia; produzione però ritenuta inammissibile, così come inammissibile la questione riguardante: “l’applicabilità ….del detto regolamento ..” in quanto i fatti oggetto del giudizio erano “caduti in epoca precedente all’entrata in vigore”.

In conclusione, se pur l’istituto della rendita vitalizia ha perso gran parte della sua importanza a seguito della promulgazione della legge professionale (in particolare l’art.66), esso  comunque sancisce il principio per il quale l’omesso versamento, sia totale che parziale, dei contributi per i quali si sia eccepita la prescrizione impedisce che il relativo anno possa essere considerato valido ai fini dell’iscrizione alla Cassa e quindi del riconoscimento del diritto alla pensione.

 

 

[1]In argomento: Carbone, Previdenza forense: parziale omissione contributiva e costituzione di rendita vitalizia in Foro It. 2007, I, pag. 836 e segg; Proietti, La trappola della prescrizione dei contributi in La previdenza forense 2009, pag 59 e segg. ; Carbone, La evoluzione nella prescrizione dei contributi previdenziali forensi in La previdenza forense 2014, pagg. 20 e segg; Bella, La prescrizione dei contributi dopo la novella contenuta nella legge di riforma dell’ordinamento professionale, in La previdenza forense 2013, pagg. 106 e segg.; Carbone, Inadempimento contributivo, sanzioni e prescrizione in La previdenza forense 2016, pag. 28 e segg.; Carbone, Inadempienze contributive e riflessi pensionistici in  La previdenza forense 2017 pag. 125 e segg; Bella, in CF News  2012 )

[2]     Bella, La prescrizione dei contributi dopo la novella contenuta nella legge di riforma dell’ordinamento professionale, in La previdenza forense 2013, pag. 106; Carbone, Inadempienze contributive e riflessi pensionistici in  La previdenza forense 2017 pag. 125 .

 

[3]  Carbone in Foro it. 2007, I, pagg. 838 e segg.

 

[4]Così Carbone in Foro It. 2007, I, pag. 836 e segg. e in Previdenza Forense 2017, pag. 125 e segg., Proietti in La  Previdenza Forense 2009 pag. 59 e segg.

[5] Così Bella, La prescrizione dei contributi dopo la novella contenuta nella legge di riforma dell’ordinamento professionale, in La previdenza forense 2013, pagg. 106

[6]Proietti, La trappola della prescrizione dei contributi in La previdenza forense 2009, pag 59

[7]Proietti, La trappola della prescrizione dei contributi in La previdenza forense 2009, pag 62 il quale richiama e riporta la delibera del Consiglio di amministrazione dell’11.12.2008 che disciplinava le ipotesi di prescrizione dei contributi.

[8]Carbone, Previdenza forense: parziale omissione contributiva e costituzione di rendita vitalizia in Foro It. 2007, I, pag. 837 e segg.)

[9] Pignatiello, Il comitato rivede il regolamento per la rendita vitalizia in CF News 25.10.2011                  

[10] In Foro It. 2013 I, 1930 con nota di Carbone

[11]  Carbone, La evoluzione dei contributi previdenziali forense  in La Previdenza forense 2014 pag. 20 e segg.

[12] Solo cinque richieste perfezionate nel 2014; una nel 2017.

 12 Pretura di Palermo 14.7.1987: “Ai fini del conseguimento della pensione forense, gli anni non coperti da integrale contribuzione, per intervenuta prescrizione dei contributi dovuti a conguaglio, concorrono a formare l’anzianità contributiva e vanno inseriti nel calcolo della pensione prendendo come base il reddito sul quale è stato effettivamente pagato il contributo.  (in Foro it. 1988, I 643 con nota di Carbone).                             

 

[14] La Corte Suprema in motivazione così si è espressa:

        “7. Non induce una diversa interpretazione l’argomento addotto dalla resistente, secondo cui il disposto della L. n. 576 del 1980, art. 2, che riconosce il diritto alla pensione di vecchiaia a coloro che abbiano compiuto almeno sessantacinque anni di età, dopo almeno trenta anni di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa, stia a significare che tanto la iscrizione quanto la contribuzione debbano essere effettive e, con particolare riferimento a quest’ultima, che questa debba essere esattamente quella dovuta, con la conseguenza che la parziale omissione ne imporrebbe la totale esclusione ai fini del calcolo.

        7.1. Tale interpretazione contrasta sia con il tenore letterale della norma – l’aggettivo effettivo non è sinonimo di integrale, dal momento che esso non contiene alcun riferimento ad una misura – sia con la mancanza di una norma che sanzioni, con la perdita o la riduzione dell’anzianità contributiva e dell’effettività di iscrizione alla Cassa, il parziale pagamento dei contributi, ma prevede soltanto il pagamento di somme aggiuntive (in tal senso cass. 10 aprile 2012, n. 5672; Cass. 2 dicembre 2013, n. 26962). In ogni caso, la tesi sostenuta dalla Cassa non è coerente con il sistema, dovendosi la norma in esame leggere nel contesto delle altre disposizioni, e precipuamente della L. n. 576 del 1980, art. 20, che attribuisce all’ente il potere di rettificare l’importo della pensione, richiedendo al professionista la documentazione necessaria, per effettuare gli opportuni controlli, entro un preciso limite di tempo, nonché dell’art. 22, della legge cit., che attribuisce alla Cassa il potere di dichiarare inefficaci i soli contributi che cadono nel quinquennio precedente la data della verifica della mancanza di continuità dell’esercizio della professione forense (sul punto, Cass. sen.Un. n. 13289/2005 cit.).

        7.2. Del pari è insufficiente a sostenere l’interpretazione propugnata dalla Cassa l’argomento per il quale, a seguire la soluzione indicata dalle pronunce n. 5672/2012 e n. 2962/2013, basterebbe il versamento di un minimo contributo (“numno uno”) perché il professionista si veda conteggiato l’intero anno di contribuzione, con conseguenti riflessi negativi sull’intera categoria dei professionisti iscritti, e ciò in aperta contraddizione con la “logica” della previdenza professionale, che è improntata a principi solidaristici: si tratta invero di un inconveniente dovuto, come già sottolineato nelle predette sentenze, alla mancanza, nell’ambito della legge professionale, di una disposizione che preveda espressamente l’annullamento della contribuzione versata e della relativa annualità in caso di parziale omissione. Esso è comunque superabile attraverso l’adozione di più rigorosi controlli sulle comunicazioni e sulle dichiarazioni inviate dagli iscritti, con i mezzi di cui la Cassa stessa dispone e nei limiti temporali fissati dal sistema della previdenza forense, i quali sono evidentemente dettati non solo a garanzia dell’ente, cui non possono affidarsi indagini su periodi lontani nel tempo per le oggettive difficoltà degli accertamenti, ma anche a tutela dell’assicurato, al fine di non rendere eccessivamente difficoltosa la prova dell’esattezza delle contribuzioni versare. Il tutto in un’ottica di prevalenza dell’esigenza di certezza dei rapporti giuridici rispetto a quella dell’esatta corrispondenza, senza limiti di tempo, della posizione contributiva-previdenziale alle regole disciplinanti la sua configurazione”.