Le “nuove” pensioni degli italiani: prime note sul d.l. n. 4 del 2019
1/2019 GENNAIO - APRILE
il testo normativo rappresentato dal d.l. 28 gennaio 2019, n. 4 (appena con-vertito dalla legge 28 marzo 2019, n. 26), oggetto dell’odierno confronto, è sud-diviso, come ben sappiamo, in due segmenti dalle caratteristiche ben distinte, e non solo per l’oggetto: il reddito di cittadinanza, da un lato, e le pensioni, da un altro lato. Una differenziazione netta e ben riconoscibile, tutta interna allo stesso strumento normativo, che riflette la particolare genesi del decreto legge stesso, frutto, come è noto, di uno scambio tra le due attuali forze di maggioranza: anzi, un vero e proprio “contratto” tra di esse. La regolamentazione del profilo pensionistico – al quale soltanto è dedicato il presente intervento – è assai articolata e ricca di dettagli tecnici. Ad alcuni di quei dettagli sarà inevitabile far riferimento nel corso dell’esposizione.
In via generale, comunque, procederò per grandi linee: idealmente seguendo, come traccia, tre criteri di analisi, che appaiono ben adattarsi all’occasione. E, cioè, nell’ordine: come si innesta tecnicamente detta recente innovativa disciplina nel sistema pensionistico nazionale; se possono essere ri-conosciute alla nuova disciplina implicazioni di sistema, e quali; quali, sono, infine, le (possibili) ricadute pratiche del novum, tanto in negativo, quanto in positivo. Ce ne sarebbe abbastanza per dissertare a lungo. Spero di potermi ritenere giu-stificato, dunque, se, per restare nei tempi, tratterò alcuni argomenti in modo schematico. 2.- Qualche considerazione, per iniziare, su contenuti e struttura del recente in-tervento normativo: e precisamente sul capitolo che il decreto dedica alle pen-sioni. All’interno di detto capitolo sono individuabili, infatti, tre nuclei di norme, suscettibili di essere partitamente considerati. a) Un primo nucleo è rappresentato dalle norme che dettano la disciplina, di ca-rattere sperimentale e a durata predefinita (il triennio 2019 – 2021), di due di-stinti oggetti: la pensione a “quota 100” (art. 14) e a quanto ad essa strettamente correlato (art. 22, commi 1 e 2), da un lato, e, dall’altro lato, l’istituto del riscatto (art. 20).
Si tratta del nucleo idealmente rappresentativo – nonostante la “precarietà” de-rivante dal suo carattere sperimentale – del cuore del provvedimento legislativo stesso: se non altro per l’importanza che, nel dibattito politico che ha preceduto il decreto, è stata attribuita, appunto, alla pensione a “quota 100”. Ma è anche il nucleo, per così dire, più fragile, non solo per il carattere speri-mentale – e, per di più, calibrato su di un arco temporale alquanto breve –, che lo caratterizza e lo espone, come subito vedremo, a vari rischi; ma fragile anche in ragione dell’eterogeneità dei due oggetti – il riscatto e la “quota 100” –, dei quali, quest’ultima come cercherò di illustrare tra poco, non è, a mio parere, l’oggetto più significativo, già dal punto di vista pratico, ma anche e comunque dal punto di vista concettuale e sistematico. b) Un secondo nucleo è quello che raccoglie, invece, norme che regolano inno-vazioni da considerare definitive. Tali norme riguardano, in primis, il tratta-mento pensionistico anticipato (artt. 15 e 16) e gli obblighi di “versamento della contribuzione correlata a periodi utili per il conseguimento di qualunque diritto alla pensione anticipata o di vecchiaia, riscattabili o ricongiungibili, precedenti all’accesso ai fondi di solidarietà”, come recita la norma, imposti ai fondi di so-lidarietà bilaterali (art. 22, comma 3), e altrettanto, in pratica, al fondo di solida-rietà per il lavoro in somministrazione (art. 22, comma 6).
ùA corona di dette norme “centrali”, se ne collocano altre specificamente riser-vate al settore del pubblico impiego, per regolarne eterogenei aspetti: l’opzione per l’esclusione dall'assoggettamento al massimale contributivo a favore dei pubblici dipendenti titolari di retribuzione di importo elevato, non iscritti ad un regime di previdenza complementare (art. 21); la previsione di un periodo (piut-tosto lungo) di sospensione della prescrizione contributiva (art. 19), che, sia detto per inciso, può avere significative ricadute (apparentemente non conside-rate da chi ha confezionato il decreto) sul principio di automaticità delle presta-zioni; l’anticipo del trattamento di fine servizio, assistito da un particolare re-gime di garanzie, con lo Stato quale ultimo garante (artt. 23 e 24). E, per finire, introdotta dalla legge di conversione, a detto nucleo va ricondotta anche la misura, inequivocabilmente di natura sanzionatoria, rappresentata dal-la sospensione del trattamento di vecchiaia o anticipato, a danno del condanna-to a pena detentiva di durata pari o superiore a due anni, che si sia sottratto all’esecuzione della pena (art. 18 bis).
Anche questa è disposizione sulla quale sarebbe opportuno soffermarsi per qualche riflessione, se non altro in conside-razione del fatto che la pensione diretta, come è noto, non tutela solo l’assicurato, ma anche la sua famiglia; pertanto, la suddetta “sanzione”, in sé giustificabile, è assai dubitabile che possa giudicarsi ancora tale nel momento in cui se ne consideri l’incidenza concreta su soggetti che nulla hanno a che fare con il reato commesso dal congiunto. c) Un terzo nucleo di regole, non sperimentali, ma comunque programmate per avere una vita limitata nel tempo, comprende, in primo luogo, la disposizione di blocco, per il periodo 2019-2026, dell’adeguamento dell’età pensionabile edit-tale agli incrementi della speranza di vita media, che è misura rivolta a favore sia dei destinatari delle pensioni anticipate – cioè, di quelle pensioni il cui dirit-to, a decorrere dal 1° gennaio 2019, sorge quando “risulta maturata un’anzianità contributiva di 42 anni e 10 mesi, per gli uomini, e di 41 anni e 10 mesi, per le donne”; peraltro con differimento della concreta possibilità di accesso al trat-tamento a dopo che siano “trascorsi tre mesi dalla data di maturazione dei pre-detti requisiti” (art. 15) –, sia del pensionamento dei lavoratori precoci, ferma anche in tal caso la finestra dei tre mesi (art. 17). Rientra in tale terzo nucleo di norme anche la disposizione di prolungamento di un anno dell’operatività dell’APE sociale (art. 18).
La prima impressione che si ricava dal quadro – pur così sommariamente tratteggiato– è quella di un intervento diretto alla manutenzione (o all’“adattamento”) di alcuni aspetti dell’impianto pensionistico esistente. Dunque, non già il tanto sbandierato “superamento” della legge Fornero, quanto, potremmo dire, un “ammorbidimento per addizione” di alcuni aspetti del re-lativo impianto pensionistico. Si può affermare, infatti, che detto impianto, salvo l’addendo rappresentato, appunto, dall'anticipazione pensionistica a “quota 100”in riferimento, per tutto il resto rimane pressoché invariato. 4.- Non va comunque sottaciuto che a comporre i tratti fondamentali del quadro concorre anche la legge di bilancio 2019. È da raccordare, dunque, con la disciplina pensionistica dettata dal decreto n. 4 in esame anche quanto poco tempo prima stabilito in materia dalla legge n. 145 del 2018, precisamente a proposito di: - raffreddamento della perequazione automatica, attraverso un meccanismo dif-ferenziato per fasce di importi pensionistici (comma 260); - decurtazione, tramite contribuzione di solidarietà, dei trattamenti pensionistici diretti di importo elevato (commi 261 e seguenti); - introduzione di decurtazioni analoghe per i vitalizi dei componenti degli orga-ni costituzionali e di rilevanza costituzionale (la camera dei deputati, come sappiamo, ha già provveduto), nonché del personale di regioni e province auto-nome (comma 264); - l’appostamento di uno specifico fondo, a carico dell’Erario, per le pensioni anticipate, quota 100 e dintorni (commi 255 e 256).
Se considerata(come è giusto fare) in tale più ampia prospettiva la nuova disci-plina pensionistica, appare dotata, nel complesso, di contrappesi, in via di prin-cipio atti a far sì che le facilitazioni per l’accesso al pensionamento tramite “quota 100” – e, dunque, la relativa maggiore spesa –possano considerarsi bi-lanciati, in qualche misura, dagli interventi di riduzione della spesa, attraverso le iniziative di carattere ablativo – raffreddamento della perequazione automa-tica e imposizione di contributi di solidarietà –,assunte nei confronti dei tratta-menti pensionistici di importo più elevato. Almeno in tale prospettiva, può essere dato credito all’obiettivo di carattere pe-requativo, del quale i promotori dello specifico provvedimento normativo han-no spesso menato vanto. 5.- Volendo sviluppare la riflessione sui dati di rilevanza sistematica della nuo-va disciplina, può osservarsi, come prima cosa, che la sostanziale continuità del recente provvedimento rispetto alla riforma Fornero (e all’impianto normativo risalente alla precedente legislatura) trova conferma in più di un punto. Innanzitutto, come già osservato, la stessa “quota 100” può idealmente essere collocata tra le forme di pensionamento anticipato, che la legge Fornero ha pre-visto a bilanciamento degli effetti determinati dalla progressiva elevazione dell’età pensionabile da essa stessa disposta.
Inoltre, con il decreto n. 4 è stato fatto ricorso, ancora una volta, pur di ottenere risparmi di risorse finanziarie, al blocco della perequazione automatica; seppu-re questa volta con tecnica più raffinata, rispetto a quella già utilizzata dalla legge Fornero, nel ben comprensibile intendimento di evitare (nonostante la ravvicinata reiterazione della misura di contenimento degli importi delle pen-sioni in corso, che, di per sé, è già fonte di rischio, come ben sappiamo) la me-desima sorte subita dal blocco della perequazione, fissato da quest’ultima (ful-minata per incostituzionalità, come è noto, dalla sentenza n. 70 del 2015). Infine, non segna certo una frattura con l’impostazione della legge Fornero – ma, piuttosto, una implementazione del relativo grado di “flessibilità” – quanto si ricava da quello che potremmo definire il “balletto” delle “finestre”: cioè, dalla regolamentazione dei tempi di accesso effettivo al trattamento pensioni-stico, una volta che l’interessato abbia maturato il diritto ad esso. 6.- La disciplina delle finestre, quale dettata dal decreto n. 4, per essere assai ar-ticolata in rapporto a circostanze varie, richiede una considerazione a parte. In effetti detta disciplina muta: a) a seconda che si tratti di dipendenti privati (finestra di 3 mesi), anziché di pubblici dipendenti (finestra di 6 mesi); con l’ulteriore aggravio per questi ul-timi dell’imposizione dell’obbligo di dare all’amministrazione di appartenenza il preavviso della propria volontà di risolvere il rapporto con 6 mesi di anticipo; b) a seconda che il requisito “quota 100” sia maturato prima del 31 dicembre 2018 (nel qual caso la finestra si è aperta il 1° aprile 2019), o maturi dopo (nel qual caso la finestra si aprirà trascorsi tre mesi dalla maturazione dei requisiti); c) a seconda che il trattamento sia liquidato a carico dell’assicurazione generale obbligatoria o AGO (nel qual caso esso decorre dal primo giorno del mese suc-cessivo all’apertura della finestra), altrimenti (trattamento liquidato a carico di gestione esclusiva dell’AGO) direttamente il primo giorno successivo a quello di apertura della finestra stessa. Sono previste, poi, al medesimo proposito, regolamentazioni distinte per: - i lavoratori precoci e i destinatari della pensione anticipata (artt. 15 e 17); in entrambi i casi, con finestre di tre mesi, quasi a bilanciamento del congelamento dell’adeguamento dell’età pensionabile all’allungamento della speranza di vita media, dettato in favore di quelle stesse categorie di soggetti; - il comparto scuola, per il quale la finestra è fissata in riferimento all’anno sco-lastico (art. 14, comma 7; art. 16, comma 3); - le lavoratrici che abbiano esercitato l’“opzione donna”, per le quali la finestra è di 12 mesi, se si tratta di lavoratrici dipendenti, di 18 mesi, se si tratta di lavo-ratrici autonome, con – a compensazione, in entrambi i casi – il blocco del re-quisito dell’età anagrafica al 31 dicembre 2018 (art. 16, commi 1 e 2).
Si può dunque assumere che il sistema delle “finestre” – istituito per la prima volta nell’ormai lontano 1994 esclusivamente per esigenze di razionalizzazione dell’attività degli uffici preposti alla liquidazione delle pensioni – conferma co-sì, e rafforza, attraverso detta articolata, puntigliosa disciplina, la sua definitiva eterogenesi in strumento surrettizio (e nemmeno poi tanto) di elevazione dell’età pensionabile edittale attraverso l’aggiuntivo segmento temporale che ad esse corrisponde. 7.- Vi sono comunque alcune implicazioni di rilevanza sistematica, alle quali può riconoscersi una valenza, se non anche una fisionomia, specifica. Un primo aspetto di particolare rilevanza sistematica è, senz’altro, quello rela-tivo alla disciplina del riscatto. E ciò non tanto per quanto riguarda l’introduzione di ulteriori agevolazioni per il riscatto della laurea a favore di chi liquidi il trattamento pensionistico (inte-gralmente) sulla base del criterio contributivo (art. 17, comma 6); quanto, e so-pratutto, per ciò che concerne l’estensione della facoltà di riscatto, “nella misu-ra massima di 5 anni”, di qualsiasi periodo non coperto da contribuzione, pur-ché compreso “tra l’anno del primo e quello dell’ultimo contributo accredita-to”, riconosciuto a favore dei lavoratori iscritti all’AGO o “alle forme sostituti-ve ed esclusive della medesima, nonché alle gestioni speciali dei lavoratori au-tonomi e alla gestione separata (...), privi di anzianità contributiva al 31 dicem-bre 1995 e non già titolari di pensione” (così l’art. 20, comma 1). Tale innovativa forma di riscatto si può accostare alla facoltà di riscatto dei corsi universitari di studio, più di due lustri fa (governo Prodi) accordata anche ai soggetti non iscritti ad alcuna forma obbligatoria di previdenza (per non aver ancora iniziato alcuna attività lavorativa) dall’art. 1 della legge n. 247 del 2007. A differenza di quella risalente forma di riscatto, nell’attuale il soggetto interes-sato è comunque già entrato nel mercato del lavoro, come risulta dalla suttra-scritta specificazione della norma, là dove essa indica come periodi riscattabili solo quelli compresi tra il primo contributo versato e il più recente. Tuttavia, anche in tal caso per mezzo del riscatto viene (può venire) a far parte del rap-porto assicurativo, a tutti gli effetti pensionistici e per libera scelta dell’interessato, un periodo non lavorato, né necessariamente impiegato in altra attività o funzione di interesse sociale, rilevante ex art. 4, comma 2, Cost.; la ra-tio della norma e la sua formulazione sembrerebbero far ritenere che la facoltà in questione possa essere esercitata anche in riferimento a periodi di contribuzione prescritta (ma, come risulta dalla circolare n. 36 del 2019, l’Ente previdenziale sembrerebbe di avviso contrario).
Trattandosi di riscatto diretto ad ac-quisire alla posizione assicurativa periodi di non lavoro, appare pienamente giustificato che il relativo onere finanziario sia ad esclusivo carico dell’interessato; anche se può ricordarsi che, in precedenti, analoghe occasioni (come quella regolata dall’art. 69, comma 9, legge n. 388 del 2000), è stato pre-visto il sostegno di un concorso finanziario “esterno”. A parte ogni altra considerazione, comunque, detta innovativa fattispecie di ri-scatto può essere letta come espressione di attenzione che il legislatore dedica al “modello assicurativo”. Un’ “attenzione” particolarmente significativa, per-ché di fatto diretta alla “manutenzione”, per così dire, di quel modello, in un’epoca, come l’attuale, caratterizzata dalla progressiva diffusione del feno-meno della discontinuità lavorativa, e, dunque, contributiva: con quanto ne consegue in termine di messa in crisi della piena operatività di quel risalente (e finora fortunato) modello di protezione, che è rappresentato, appunto, dall’assicurazione sociale. Un secondo, importante aspetto di rilevanza sistematica è ravvisabile nella va-lorizzazione delle possibilità di intervento consentite all’autonomia privata. Valorizzazione che nel decreto n. 4 si manifesta su entrambi i fronti: sia quello dell’autonomia individuale, attraverso la già considerata implementazione della facoltà di riscatto (nelle due distinte forme già indicate),ma anche attraverso le opzioni, e altro ancora; sia quello dell’autonomia collettiva, come risulta, in particolare, dalle possibilità di intervento in materia di sostegno del reddito dei pensionati o di accordi di esodo anticipato, correlati a nuove assunzioni, quali regolate dalla disposizione (l’art. 22), espressamente dedicata ai nuovi compiti dei fondi di solidarietà bilaterali. Si tratta di (ulteriore) manifestazione di quella simbiosi, nella materia previden-ziale, tra pubblico-privato, che, in sé, è risalente, ma che, negli ultimi tempi, sta conoscendo uno sviluppo sempre più incisivo e una ibridazione – non priva di ambiguità –, che coinvolge ormai pressoché tutti gli snodi sensibili di quella materia. In sostanza, è dato registrare una sempre più spiccata funzionalizzazione del “privato”, alla quale si accompagna il processo di sedimentazione di una plura-lità di innesti del “privato” nel “pubblico”: altrettanti arretramenti di quest’ultimo, a ben considerare, dalla linea di cogenza, universalità e indisponibilità che storicamente caratterizza e qualifica la materia previdenziale. Una situazione, correntemente indicata come welfare mix, che merita di essere attentamente monitorata e valutata, nella prospettiva di quell’esigenza di adegua-mento del sistema di welfare alle nuove realtà, che, di giorno in giorno, appare farsi sempre più pressante. 8.- Richiamando, a questo punto, la traccia che ho indicato all’inizio, può valere a completare il quadro gettare uno sguardo sulle possibili, concrete ricadute dell’innovazione, e, quindi, interrogarsi, nell’ordine: - sul grado di “effettività” alla quale l’innovazione, per com’è concretamente regolata, può aspirare; - sulla garanzia di rispetto del principio di parità di trattamento, che può riconoscersi alla nuova disciplina, nonostante la moltiplicazione e differenziazione delle varie situazioni rilevanti; - infine, se vogliamo, sui rischi che comporta una sperimentazione nel campo del sociale, che, come quella che abbiamo sotto gli occhi, risulti frutto di una non adeguata valutazione di caratteristiche ed esigenze del contesto, sul quale l’innovazione era inevitabilmente destinata a incidere: una sperimentazione che, in poche e più crude parole, appare gravata da una sensibile dose di estemporaneità. 9.-
Quanto al primo dei suddetti aspetti, l’approccio prudenziale al sistema delle pensioni da parte del legislatore del 2019 appare fuori discussione; e il conte-nimento nel tempo e nella misura dell’ambito di fruibilità della nuova opportu-nità previdenziale è sicuramente un pregio del provvedimento legislativo. Nella specie, comunque, la “prudenza” (prudenza necessitata, diciamolo pure, considerati i ben noti, stringenti condizionamenti finanziari) confina con il de-ficit di effettività dell’agevolazione che si è voluto introdurre. È quanto dimostrano alcuni aspetti cruciali della disciplina stessa o dei suoi ef-fetti materiali; passiamoli velocemente in rassegna. Innanzitutto, il meccanismo fissato per la maturazione a fini pensionistici di “quota 100” – cioè, la ricorrenza, in contemporanea, dei due requisiti dei 62 anni di età e dei 38 anni di contribuzione, a partire dal 2019, che si accompagna al ristretto arco temporale della sperimentazione (destinata a chiudersi nel 2021)– implica che, di fatto, una larga platea dei potenziali destinatari (preci-samente, gli assicurati che nel 2019 hanno maturato uno solo dei due suddetti requisiti), per aver concretamente accesso al trattamento anticipato si troverà costretta ad un’attesa che avrà termine quando la somma di detti due requisiti sarà inevitabilmente di alcuni anni più alta di “quota 100”; e a patto che la con-dizione suddetta si verifichi, in pratica, entro due anni da oggi (cioè, entro il 2021): altrimenti, nonostante l’acquisita compresenza di entrambi i due requisi-ti, l’accesso agevolato resterà comunque precluso. Sul (contenuto) grado di “effettività” del provvedimento, inoltre, è destinato ad incidere anche il limitato plafond delle risorse finanziarie messe a disposizione: una scelta obbligata, ovviamente, ma che inevitabilmente deprime, appunto la portata pratica della nuova misura. Infine, è destinato ad influire nella stessa direzione – perché riduce l’appetibilità dell’opportunità concessa dal decreto –il contenuto tasso di sosti-tuzione, che oscillerà, stando a quanto attestano fonti accreditate, tra il 60% per le carriere retributive più contenute e il 40% per le carriere retributive più bril-lanti, a fronte di un tasso di sostituzione della pensione di vecchiaia che oggi oscilla, rispettivamente, tra il 74 e il 51%. Per concludere sul punto, non appare azzardato prevedere che, alla fine della storia, i pensionati con “quota 100”, dopo la fiammata iniziale, possano finire per essere in numero ben inferiore al previsto. 10.-La moltiplicazione delle differenze per eccesso di flessibilizzazione (la già richiamata disciplina delle finestre ne è un aspetto probante) rischia di sotto-porre a particolari tensioni il principio di uguaglianza. Provo a riassumere schematicamente i punti che potrebbero entrare in sofferen-za. a) Quanto ad ambito soggettivo di riferimento: - la prima disparità è quella che si determina tra soggetti destinatari della disci-plina della pensione a “quota 100” – gli iscritti alle gestioni dell’Inps –, e gli esclusi, come gli iscritti agli enti di previdenza c.d. privatizzati (che, ricordia-molo, non sono tutti esercenti professioni liberali), il personale delle forze ar-mate, della polizia, della polizia penitenziaria, dei vigili del fuoco, della guardia di finanza; - si dà, poi, una disparità per così dire “interna”, quale quella – già ricordata – riferibile ai lavoratori che a gennaio 2019 hanno maturato soltanto uno dei due requisiti previsti per la pensione a “quota 100” e che, dunque, quando avranno titolo per accedere ad essa avranno abbondantemente oltrepassato detta quota, se non si troveranno addirittura esclusi, ove la “congiunzione astrale” di en-trambi i requisiti in questione si realizzi soltanto dopo il 2021, quando l’esperimento “pensione a quota 100”, però, si sarà ormai definitivamente con-cluso; - destinata a generare situazioni di disparità è, infine, la decretata salvezza delle particolari regolamentazioni di settore, che prevedano requisiti anagrafici e contributivi più favorevoli per l’accesso al pensionamento, rispetto a quelli che regolano la pensione a “quota 100”. b) Quanto al requisito contributivo (sia sotto il profilo della modalità di matura-zione del requisito stesso, sia sotto il profilo della tipologia dei contributi rile-vanti a tal fine): - una prima disparità da considerare è quella dei lavoratori già soggetti a periodi di disoccupazione, i quali potranno, sì, far valere la contribuzione figurativa re-lativa a quei periodi ai fini della maturazione del requisito dei 38 anni di con-tribuzione, ma a patto che, di questi, almeno 35 siano di contribuzione effettiva, ai sensi dell’art. 22, legge 153 del 1969, regolatrice delle pensioni di anzianità; una manifestazione del latente disfavore – va detto per inciso – con il quale, non da oggi, si guarda a quella particolare prestazione accessoria (ma importan-tissima) che è, appunto, la contribuzione figurativa; - si dà poi il caso degli iscritti alla gestione Inps ex Enpals, il cui requisito con-tributivo si ottiene attraverso la totalizzazione di contributi versati ed accredita-ti in detta gestione e quelli accreditati presso il fondo pensioni lavoratori di-pendenti, mentre la prestazione viene erogata seguendo le regole del regime (Inps o ex Enpals), individuato sulla base del criterio della prevalenza contribu-tiva; - e, ancora, c’è la situazione dei lavoratori iscritti alla gestione separata che ab-biano anche periodi contributivi presso l’assicurazione generale obbligatoria, o forme esclusive o sostitutive di essa, i quali possono richiedere il computo nell’ambito della gestione separata anche di detti contributi secondo il criterio del calcolo contributivo, purché sussista la condizione per l’opzione al sistema contributivo, richiesta dall’art. 1 comma 23 legge 335 del 1995; - la decorrenza della pensione anticipata è differenziata a seconda che l’interessato maturi il requisito contributivo di 42 anni e 10 mesi per gli uomini o di 41 anni 10 mesi per le donne prima del 29 gennaio 2019, data di entrata in vigore del decreto legge in esame, o dopo tale data: nel primo caso la decorren-za del trattamento sarà dal 1 aprile 2019, nel secondo caso trascorsi tre mesi dalla maturazione del cosiddetto requisito finestra; - è da tener conto, infine, che l’anzianità contributiva (ai fini del computo del requisito dei 38 anni) va calcolata secondo l’ordinamento della gestione inte-ressata, vigente alla data di presentazione della domanda di pensione (così la circolare Inps n. 11/2019, punto 1.1). c) Quanto alle differenze riferibili alle modalità temporali di accesso al tratta-mento, mi richiamo a quanto già ho osservato al proposito dell’articolata rego-lamentazione delle “finestre”. d) Quanto a misure aggiuntive di supporto al reddito, differenze di trattamento possono ravvisarsi nei casi (per dirla molto in breve) di cui all’art. 22: - trattamento di pensione conseguente ad un accordo di prepensionamento (la c.d. isopensione); - assegno straordinario per il sostegno al reddito per i lavoratori che raggiunga-no i requisiti previsti per l’opzione alla pensione “quota 100” erogato da fondi di solidarietà bilaterali. 11.- E’ da presumere che il legislatore sia stato ben consapevole dell’azzardo rappresentato dall’avvio dell’esperimento “quota 100”: se non altro, lo palesa-no, al di là di ogni possibilità di dubbio, le misure dirette a rimediare le ricadute negative (subito evidenti) di quell’esperimento, introdotte dalla legge di con-versione n. 26 del 2019. Detta legge, infatti, con norme ad hoc, si preoccupa di prevenire, rimediare o comunque tentar di “fronteggiare gli effetti della pensione quota 100” (come te-stualmente la stessa, molto significativamente, enuncia): - nel sistema scolastico (art. 14, comma 7 bis); - sulle scoperture di organico dell’amministrazione della giustizia e giudiziaria in genere (art. 14, commi 10 bis, 10 quater, 10 sexies); - sulle scoperture di organico degli uffici preposti alla tutela del patrimonio cul-turale (art. 14, comma 10 octies); - sulle “capacità assunzionali” delle regioni, degli enti e delle aziende del Ser-vizio sanitario nazionale, degli enti locali (art. 14 bis); - sulle graduatorie concorsuali nel pubblico impiego (art. 14 ter). Ecco, è proprio qui che appare annidarsi un ulteriore azzardo, che potrebbe rappresentare un rimedio peggiore del male: la serie di concorsi “addomestica-ti” (si passi l’espressione), a seguito della moltiplicazione delle sottocommis-sioni, della semplificazione delle prove, delle sottostime dei titoli, che dette norme della legge di conversione prefigurano. Da ultimo, da non sottovalutare è il rischio di pregiudizio derivante dal radi-carsi di prassi amministrative che tenderebbero (almeno stando alle notizie di stampa) ad accondiscendere alle esigenze elettoralistiche delle forze politiche di maggioranza, attraverso la postergazione della liquidazione delle pensioni ordinarie, pur di dare celere attuazione alla riforma di “quota 100”. 12.- Può essere opportuna, al termine della presente, veloce panoramica, qual-che sintetica considerazione, a mo’ di conclusione, sui profili generali della nuova disciplina. Della prudenza (imposta) che la normativa in esame dimostra nell’utilizzare le risorse finanziarie ho già detto. Ho già accennato anche all’ulteriore tassello che il decreto legge n. 4 pone nel processo di ibridazione pubblico-privato nel sistema delle pensioni, in partico-lare con il (rinnovato) coinvolgimento dell’autonomia collettiva. Un invito ulte-riore, se pur indiretto, a interrogarsi su di un tema cruciale: quello delle nuove forme possibili di un rinnovato sistema di welfare, la cui costruzione tenga con-to delle nuove realtà, ma anche di quelle che appaiono già profilarsi. Per il resto, riterrei che si possa riconoscere che la recente disciplina si presta ad agevolare – seppur con molta “moderazione” – l’uscita dal mondo del lavo-ro: pensioni “quota 100”, opzione donna, proroga delle possibilità di accesso all’APE sociale, requisiti agevolati per la pensione anticipata; sono tutti stru-menti destinati a operare in tale direzione. La nuova disciplina contiene, però, anche disposizioni indirizzate – seppur sommessamente, per così dire –al rafforzamento della posizione assicurativa. In tale direzione è da ritenere che operi soprattutto la norma –particolarmente si-gnificativa nel contesto in esame, per quanto già osservato – che regola due forme di riscatto, concorrenti nel fine, ma concettualmente eterogenee: l’innovativa modalità di riscatto, denominata (del tutto impropriamente) “pace contributiva”; e il riscatto della laurea per coloro che liquidino la pensione con il calcolo contributivo. Sullo sfondo, incombe la moltiplicazione delle differenze, anche in rapporto a quelle già determinate dalla stessa legge Fornero. Un aspetto delicato, quest’ultimo, che implica l’esigenza di una verifica della innovativa disciplina alla luce dei parametri costituzionali. E comunque è aspetto che rappresenta un’ulteriore conferma, come mi sembra, delle difficoltà e delle resistenze che continua a incontrare quel processo di omogeneizzazione che, eppure, con grande slancio era stato avviato – anche se tra alcune contrad-dizioni – dalla riforma pensionistica del 1995. *