Trattamento “fiscale” dei contributi previdenziali versati indebitamente e successivamente rimborsati
1/2020 GENNAIO- APRILE
I contributi indebitamente versati alla Cassa Forense sono rimborsabili:
a) soltanto in casi particolari (ad esempio per la accertata incompatibilità con l’esercizio della professione legale, con effetto retroattivo);
b) di norma previa domanda amministrativa volta ad ottenere il rimborso stesso, salvo che l’indebito versamento derivi da procedimento d’ufficio, o che il diritto al rimborso derivi da un riconoscimento già avvenuto, in sede amministrativa o giudiziale;
c) in ogni caso, limitatamente ai contributi soggettivi e con esclusione del contributo integrativo (il 4% sul compenso professionale, che l’avvocato addebita in fattura al proprio assistito).
L’argomento è già stato affrontato su CFnews.it con commento alle Sentenze della Corte di Cassazione nn. 30571 e 30670 del 22 e 25 novembre 2019. Proprio il contributo soggettivo versato alla Cassa è, per l’avvocato, un onere fiscalmente deducibile dal reddito ai sensi dell’art. 10, co. 1 lett. e) del DPR 917/1986: esso impatta ai fini reddituali quale componente negativo, andando a diminuire la materia imponibile. Qualora il contributo soggettivo venga rimborsato all'avvocato, tale sopravvenienza andrà ad incidere in misura eguale e contraria sulla materia imponibile già dichiarata all'erario – stavolta quale componente positivo di reddito – e dovrà pertanto essere indicata in dichiarazione dei redditi.
Il reddito professionale è classificato dal DPR 917/1986 quale reddito di lavoro autonomo e, come tale, soggiace al principio di cassa: ogni spesa rileva nel momento in cui è sostenuta ed ogni provento rileva nel momento in cui è incassato, indipendentemente dal fatto che si riferisca ad attività professionale svolta (ed eventualmente conclusa) in anni precedenti (si veda ad es. Cass. Ord. 15439/2017). Si tralascia in questa sede la fattispecie delle società tra avvocati le quali invece, in assenza di specificazioni a livello normativo, sono trattate fiscalmente alla stregua delle altre società ed il cui reddito è, pertanto, considerato reddito di impresa soggetto al principio di imputazione per competenza (spese e proventi riferiti al periodo d’imposta cui si riferiscono, indipendentemente dal momento di esborso o di percezione).
Proprio in virtù del principio di cassa, i contributi previdenziali sono deducibili esclusivamente nell’anno in cui sono stati versati. Tanto che, nel caso in cui l’avvocato versi la rata scadente il 31.12 dell’anno in ritardo anche di un solo giorno (ad esempio il 2 gennaio dell’anno successivo), tale rata andrà contabilizzata non tra gli oneri deducibili dell’anno di pertinenza originario, ma nell'anno successivo in cui è effettivamente avvenuto il versamento.
Ci si domanda, allora, se il rimborso del contributo previdenziale versato in un dato anno d’imposta – e poi riconosciuto come indebito – debba incidere, quale “variazione”, sul risultato fiscale dell’anno in cui fu versato o su quello dell’anno (evidentemente successivo) in cui il rimborso viene ricevuto. Si tratta, sostanzialmente, di valutare se “correggere” la dichiarazione dei redditi originaria, che riportava la deduzione del contributo previdenziale versato, ovvero se indicare il rimborso nella dichiarazione dell’anno in cui lo stesso viene percepito.
Ove fosse praticabile le prima soluzione, si dovrebbe rettificare la dichiarazione dei redditi a suo tempo presentata, eliminando da essa il contributo previdenziale già dedotto dall'imponibile: in tal caso, la rettifica avverrebbe attraverso la presentazione di una dichiarazione dei redditi integrativa “a sfavore” – con minori componenti negativi e conseguente maggior reddito – sul presupposto che il contributo previdenziale, a suo tempo versato e dedotto, sia poi risultato indebito e non dovuto.
Tale soluzione non pare tuttavia essere praticabile, anche per motivi di opportunità: la dichiarazione dei redditi integrativa “a sfavore” va infatti presentata con il cosiddetto “ravvedimento operoso” che impone non soltanto il versamento con modello F24 delle maggiori imposte risultanti dai nuovi conteggi, ma prevede altresì l’obbligo di versare gli interessi e la relativa sanzione (art. 13, D.Lgs. 472/1997). Per evitare tale aggravio economico a carico del contribuente – versamento non solo dell’imposta, ma anche di interessi e sanzioni – appare senz'altro corretto lasciare immodificata la deduzione del contributo nell'anno in cui lo stesso fu versato, dichiarando invece il rimborso nel momento della sua percezione.
In altri termini, il contributo soggettivo rimborsato inciderà non già sull’anno di imposta (passato) nel quale fu originariamente portato in deduzione, bensì sull'anno in cui l’avvocato percepisca effettivamente il rimborso del contributo stesso: la soluzione è coerente con l’applicazione del principio di cassa visto sopra.
La sopravvenienza – corrispondente al rimborso percepito – va indicata nell'apposito quadro RM della dichiarazione dei redditi.
Si riportano a titolo esemplificativo le istruzioni fornite sul sito internet dell’Agenzia Entrate: “Nella Sezione III vanno indicate le somme conseguite a titolo di rimborso di imposte o di oneri, compreso il CSSN, dedotti dal reddito complessivo o per i quali si è fruito della detrazione in periodi di imposta precedenti…”.
In particolare, il modello di dichiarazione dei redditi approvato dall’Agenzia Entrate prevede la compilazione del rigo RM9, intitolato “Somme conseguite a titolo di rimborso di oneri dedotti dal reddito complessivo” (v. figura sotto). Questi oneri sono tassati separatamente art. 17 co. 1 lett. n-bis del DPR 917/1986, salvo che il contribuente, ai sensi del comma 3 dello stesso art. 17 TUIR, opti per la facoltà di non avvalersi della tassazione separata facendolo constare espressamente nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui è avvenuta o ha avuto inizio la percezione (spuntando l’“opzione per la tassazione ordinaria” visibile nella figura).
Se si sceglie la tassazione separata, l’art. 1, comma 3, del D.L. 669/1996 prevede l’obbligo di effettuare un versamento a titolo di acconto pari al 20 per cento, da effettuarsi mediante utilizzo del mod. F24. Le restanti somme dovute a titolo di imposta sono successivamente conguagliate.
Si ricorda infine che l’art. 21, comma 1, Tuir stabilisce che, in questi casi, l’imposta (sostitutiva) si determina applicando all’ammontare percepito l’aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto del contribuente nel biennio anteriore all’anno in cui sono percepiti. La scelta tra la tassazione separata e l’esercizio dell’opzione per la tassazione ordinaria andrà pertanto valutata dall’avvocato percettore del rimborso, di concerto col proprio consulente fiscale.