Tutela giudiziaria in materia di previdenza forense
3/2018 SETTEMBRE - DICEMBRE
La recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione 27 settembre 2018, n. 23421 offre l’occasione per ricapitolare le iniziative giudiziali e gli oneri da assolvere nelle controversie aventi ad oggetto le pretese della Cassa di Previdenza Forense.
La Suprema Corte di Cassazione con la suindicata decisione formula il seguente principio di diritto: nei giudizi di opposizione avverso una pretesa formalmente avanzata dalla parte convenuta, attore in senso sostanziale è la parte formalmente convenuta mentre è la parte opponente, attrice solo in senso sostanziale (ma sostanzialmente convenuta), ad avere un onere di contestazione che si sostanzia nelle ragioni dell'opposizione. Detta controversia era stata, infatti, incardinata da un avvocato dinanzi al Tribunale del lavoro di Marsala per la restituzione parziale delle somme trattenute all’atto della liquidazione della pensione di vecchiaia nonché per conseguire il risarcimento del danno per la ritardata liquidazione della pensione rispetto alla data di presentazione della domanda di pensionamento.
Il Tribunale respingeva entrambe le domande, mentre la Corte di Appello di Palermo, in riforma parziale della sentenza, accoglieva la richiesta di restituzione parziale delle somme trattenute dalla Cassa e condannava la predetta a restituire la differenza tra l’importo trattenuto e la somma, a suo giudizio, dovuta. La Cassa di Previdenza decideva, a questo, punto, di impugnare la pronuncia, in via principale, e la Suprema Corte, ritenendo fondati i primi due motivi articolati dalla Cassa,ha accolto il ricorso. La Cassa, in particolare, si era lamentata dell’erronea applicazione del principio di non contestazione alla fattispecie di causa da parte della Corte di appello, nella quale era stata la parte attrice a contestare, con la domanda giudiziale, i conteggi dei contributi disposti dall’Ente,allegando dei conteggi alternativi, mentre la Cassa aveva mantenuto fermi i conteggi originari. In particolare, parte opponente aveva contestato parzialmente la pretesa comunicata dalla Cassa sicché erroneamente la sentenza impugnata aveva posto a carico della Cassa forense, che aveva mantenuto ferma la pretesa originaria, un onere di ulteriore contestazione. La Corte di Cassazione pare,pertanto, aver fatto corretta applicazione di quanto disposto dall’art. 115 c.p.c. e dell’onere di contestazione gravante sulle parti, in specie sul debitore che contesta in accertamento negativo le pretese del creditore.
Ed infatti, il principio di non contestazione non opera in difetto di specifica allegazione dei fatti che dovrebbero essere contestati, né tale specificità può essere desunta dall'esame dei documenti prodotti dalla parte, atteso che l'onere di contestazione deve essere correlato alle affermazioni presenti negli atti destinati a contenere le allegazioni delle parti, onde consentire alle stesse e al giudice di verificare immediatamente, sulla base delle contrapposte allegazioni e deduzioni, quali siano i fatti non contestati e quelli ancora controversi (cfr. Cass. 9 maggio 2018, n. 11032; nel medesimo senso Cass. 19 ottobre 2016, n. 21075 per la quale “l’onere di contestazione in ordine ai fatti costitutivi del diritto si coordina con l'allegazione dei medesimi e, considerato che l'identificazione del tema decisionale dipende in pari misura dall'allegazione e dall'estensione delle relative contestazioni o non contestazioni, ne consegue che l'onere di contribuire alla fissazione del themadecidendum opera identicamente rispetto all'una o all'altra delle parti in causa, sicché, a fronte di una generica deduzione da parte del ricorrente, la difesa della parte resistente non può che essere altrettanto generica, e pertanto idonea a far permanere gli oneri probatori gravanti sulla controparte”).
In via generale, il professionista che intenda contestare l’ammontare dei contributi pretesi dall’Ente previdenziale o che pretenda la restituzione di somme trattenute all’atto della liquidazione della pensione, dopo aver eventualmente esperito, nei casi previsti, i ricorsi amministrativi, può adire, anche in accertamento negativo, il Tribunale del lavoro ex art. 443 c.p.c. e ss., quale giudice competente per materia in quanto controversia riguardante diritti ed obblighi che attengono ad un rapporto previdenziale obbligatorio.
Nei predetti casi, pertanto, sul professionista, anche qualora agisca in accertamento negativo, grava, per quanto sopra esposto, lo specifico onere di contestare puntualmente i conteggi elaborati della Cassa. In dette ipotesi, per giurisprudenza pressoché costante, giudice territorialmente competente è il Tribunale del luogo in cui risiede l’attore ex art. 444, comma 1, c.p.c. (cfr. Cass. 26 ottobre 2016, n. 20578; Cass. 31 marzo 2015, n. 6480; Cass. 7 novembre 2011, n. 23141; Cass. 17 aprile 2007, n. 9113; Cass. 12 giugno 2006 n. 13594; Cass. 14 gennaio 2005 n. 616; con riguardo al sistema previdenziale forense di cui alla l. 20 settembre 1980 n. 576, v. Cass. 22 marzo1986, n. 2053; Cass., sez. un., 1° marzo 1983, n. 1533; anche la Corte Costituzionale, in più di un’occasione, 4 novembre 1985 n. 261, 12 dicembre 1984 n. 282, ha definito il comma primo dell'art. 444 c.p.c. come regola generale; contra Cass. 16 maggio 1996, n. 4541; Cass. 15 maggio1993, n. 5552). La Cassa Forense per recuperare la contribuzione dovuta ma non versata può, invece, avvalersi della riscossione mediante ruolo ai sensi del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46 (al riguardo ci si permette di rinviare in L. SURDI, La tutela dei diritti, in La previdenza dei liberi professionisti dalla privatizzazione alla riforma Fornero, Torino, 2016, a cura di G. CANAVESI).
Secondo l’interpretazione giurisprudenziale pressoché unanime, anche i contributi o premi dovuti alle Casse previdenziali dei professionisti possono essere riscossi secondo le modalità di cui agli artt. 24 e ss. del suindicato decreto (In argomento in dottrina: D. BORGHESI E L. DE ANGELIS, Il processo del lavoro e della previdenza, Torino, 2013; D. BUONCRISTIANI, Il giudizio di opposizione a pretesa contributiva previdenziale. Profili sistematici, in Riv. trim. dir. proc. 2013, 4, 1457; L. CARBONE, La previdenza degli avvocati, Milano, 2010; A. GUADAGNINO, Il processo previdenziale in materia contributiva, Padova 2008; per i problemi interpretativi e, in particolare, con riguardo alla possibilità di comprendere nella nozione di ente previdenziale pubblico le casse di previdenza privatizzate v. diffusamente C.A. NICOLINI, I problemi della contribuzione previdenziale, Macerata, 2008, 241 e ss.; nonché in giurisprudenza: Cass. 26 ottobre 2015, n. 21735; Cass. 21 novembre 2014 n. 24882; Cass. 23 ottobre 2012, n. 18145; Cass. 24 ottobre 2008, n. 25757; Cass. 17 aprile 2007, n. 9113).
Dette controversie inerenti diritti ed obblighi che attengono ad un rapporto previdenziale conservano la loro natura anche se originate da una pretese azionata dall’Ente previdenziale a mezzo di cartella di pagamento (cfr.: Cass., sez. un., 20 giugno 2012, n. 10132; Cass., sez. un., 8 marzo 2010 n. 6539; Cass., sez. un., 27 marzo 2007, n. 7399). In questi casi, competente per materia è sempre il giudice del lavoro, giacché controversia che riguarda diritti ed obblighi che attengono ad un rapporto previdenziale obbligatorio, non a carattere tributario, ex artt. 24 e 29, d.lgs. n. 46/1999 (Cfr.: Cass. 24 aprile 2014 nn. 9310 e 9311). In tali ipotesi, il professionista può proporre opposizione al ruolo entro il termine di 40 giorni dalla notifica della cartella (termine oramai considerato dalla giurisprudenza di legittimità come perentorio, cfr. ex multis: Cass. 26 ottobre 2015, n. 21735; Cass. 23 ottobre 2012, n. 18145; Cass. 1 luglio 2008, n. 17978, in Lav. giur., 2008, 1261 con nota adesiva di A. CAPURSO), ai sensi degli artt. 443 e ss. del c.p.c. e 24 d.lgs. n. 46/1999, quale strumento finalizzato a conseguire una verifica giudiziale della fondatezza della pretesa contributiva, nonché, nel rispetto del diverso e più breve termine di 20 giorni dalla notifica, ex artt. 29, c. 2, d.lgs. n. 46/1999 e 617 c.p.c., l’opposizione agli atti esecutivi finalizzata alla verifica della legittimità dello svolgimento dell’azione esecutiva, rispetto alla quale legittimato passivo è il concessionario della riscossione. Al riguardo la giurisprudenza ha precisato che la scadenza del termine per proporre opposizione a cartella di pagamento - di cui al citato art. 24, comma 5, D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46 - pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche l'effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale secondo l'art. 3, commi 9 e 10, L. n. 335/1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell'art. 2953 c.c.. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell'attitudine ad acquistare efficacia di giudicato (Cass.,sez. un., 17 novembre 2016, n. 23397).
L’attuale sistema giurisdizionale per le entrate previdenziali individua, in sintesi, le seguenti possibilità di tutela per il professionista: a) proposizione di opposizione a ruolo esattoriale per motivi attinenti il merito della pretesa contributiva ai sensi dell’art. 24, comma 6, d.lgs. n. 46/1999, ovverosia nel termine di 40 giorni dalla notifica della cartella di pagamento davanti al giudice del lavoro; b) proposizione di opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c. per questioni attinenti non solo la pignorabilità dei beni, ma anche a fatti estintivi del credito sopravvenuti alla formazione del titolo (quali ad esempio la prescrizione del credito, la morte del contribuente, l’intervenuto pagamento della somma precettata) sempre davanti al giudice del lavoro nel caso in cui l’esecuzione non sia iniziata, ovvero davanti al giudice dell’esecuzione se la stessa è iniziata; c) proposizione di un’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c., nel termine perentorio di 20 giorni dalla notifica di pagamento, del titolo esecutivo o del precetto per i vizi formali del titolo ovvero della cartella, anche in questa ipotesi davanti al giudice del lavoro nel caso in cui l’esecuzione non sia iniziata, oppure davanti al giudice dell’esecuzione se la stessa è iniziata(cfr.: Cass. 22 maggio 2013, n. 12583; Cass. 18 novembre 2004 ed in senso conforme Cass. 8 luglio 2008, n. 18691).
La Suprema Corte ha precisato, inoltre, che all’opposizione alla cartella esattoriale per questioni meramente formali relative alla validità del titolo si applica il termine perentorio di venti giorni dalla notifica, di cui all’art. 617 c.p.c., la cui inosservanza comporta l’inammissibilità dell’opposizione, rilevabile d’ufficio, anche in sede di legittimità, a prescindere dalla tardiva costituzione del convenuto, inammissibilità che preclude ogni questione sulla irritualità della notifica della cartella di pagamento. Ha, altresì, precisato che quando con unico atto siano proposte - come è consentito - sia l'opposizione per motivi di merito della pretesa contributiva che l’opposizione per vizi di forma della cartella, vale il termine previsto per l'opposizione di merito dal d.lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, e non il termine richiamato dal successivo art. 29, comma 2, per l'opposizione agli atti esecutivi(cfr. Cass. 6 settembre 2012, n. 14963).
Tanto si ricava sia dalla formulazione del d. lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 6, - secondo cui il giudizio di opposizione contro il ruolo per motivi inerenti il merito della pretesa contributiva è regolato dall'art. 442 c.p.c. e segg.- sia dal medesimo d. lgs. n. 46 del 1999, art. 29, comma 2. Tale ultima disposizione infatti prevede che alle entrate indicate nel comma 1, cioè, tra l'altro, quelle non tributarie non si applica la disposizione del d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602, art. 57, comma 1, come sostituito dall'art. 16, del presente decreto e le opposizioni all'esecuzione ed agli atti esecutivi si propongono nelle forme ordinarie.
In riferimento alle tipologie di opposizione di cui ai sopra indicati punti a) e b), unico soggetto legittimato passivo è l'Ente impositore, in quanto, mentre la formulazione originaria del citato d.lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5, disponeva che il ricorso di opposizione alla iscrizione al ruolo dovesse essere notificato anche al concessionario, tale specifica previsione è stata successivamente soppressa dal d.l. 24 settembre 2002, n. 209, art. 4, comma 2ter, convertito con modificazioni in l. 22 novembre 2002, n. 265. Il concessionario del servizio di riscossione è invece legittimato passivamente in giudizio rispetto all'opposizione agli atti esecutivi, laddove appunto venga contestata, in generale, la regolarità degli atti esecutivi o del titolo ovvero del precetto.